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Titolo uniforme
Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Pria ch’adori e resti avvinto
In sì fervide catene,
O mio cor pensaci bene,
Mentre scherzi su le soglie
De le doglie e de le pene,
O mio cor pensaci bene
Di Cupido il laberinto
Mille mostri in sé ritiene.
Ben gemmate egli ha le porte,
Ma nell’intimo del centro
È tutt’ombra e tutto morte,
Chi talora entrovvi dentro,
Non uscì, se non estinto.
Pria ch’adori e resti avvinto
In sì fervide catene,
O mio cor pensaci bene.
Allor cieco il desio,
Ch’ardeva impatiente
D’avventurarsi all’incantato albergo,
In cui trionfa Amore;
Si pose l’ali al tergo e disse al core.
Se tanto, oimé, paventi
Di penetrar quel carcere adorato
Ov’ogni prigionier vive beato,
Solo perché non puoi
Indi ritrarre il pié, quando più vuoi,
Ecco, ch’a tuo favor dispiego il volo
Là nel Cretico suolo,
Scorro la valle, il pian, la costa il monte,
Varco gl’ondosi abissi
Et avido di meta
Divoro i cieli e venti e giungo in Creta
E senz’altra tardanza,
Per bandir quel timor, che sì t’affanna,
Chiedo il filo possente ad Arianna.
Aria.
Danne, o bella per pietà
Quello stame, che maestro
Riconduce ogn’or sì destro
In prigioni in libertà.
Danne, o bella &c.
Evvi un’alma, che timida restasi
Su l’ingresso del regno d’Amore,
Disperando, se troppo inoltrasi
Trovar via d’uscir più furore;
Ma se provido fil da te si dona,
Già disfida ogni rischio e s’imprigiona.
Io di sì saggio amante
(Rispose allor la Cretica donzella)
Son pronta a sodisfar brama sì bella,
Ma perché ’l fatal nastro
Dall’infido Teseo mi fù rapito,
Per sua scorta meglio me stessa addito,
Ch’a trarre un cor dall’amoroso scempio,
Altro stame non ho, che ’l proprio esempio.
Deh mi contempi un po’ quel dubbio core
Divenuta trofeo
D’adorator mentito,
Mi veda ebra di vezzi;
Ricca di giuramenti,
Carica di promesse,
Tumida di speranze e poi lasciata
Solinga e disperata,
Sul più rigido sasso
Delle sponde di Nasso;
O che stame fedele,
Da fuggir d’ogn’orror con palma e gloria
E solo il fil di mia dolente istoria.
Aria.
Misere schiere,
Che piangete,
Imprimete
Nel pensiere
L’aspro tenor della sventura mia,
E questa nell’amar specchio vi sia;
Poiché non v’è per evitar l’inganno
Consigliero miglio, che l’altrui danno.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione 204.3.B.12.121
Scheda a cura di Nadia Amendola