Scheda n. 116

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1680-1690

Titolo

Lamento del re d’Inghilterra in Musica

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Cossoni, Carlo (1623-1700)
autore del testo per musica: Lubrano, Giacomo (1619-1693)
autore del testo per musica: Zuccarone, Francesco (1622-1656)

Fa parte di

[Cantate e Arie] (n. 115/1)

Pubblicazione

[S.l. : copia, 1680-1690]

Descrizione fisica

C. 1r-17v

Note

Il tit. si ricava dall’intitolazione a c. 1r; il testo del lamento di Carlo I Stuart, re d’Inghilterra, è attribuito a Giacomo Lubrano in I-Ra ms 1990; a Francesco Zuccarone in I-Lg ms 1053 è adespoto, ma all’interno di una serie attribuita a Lubrano, in I-N biblioteca Croce, Poesie manoscritte 55 B 33; incipit 13.2: seconda strofa; in 4.1, 7.1, 9.1, 11.1, 12.1 indicato: recit.vo; in 13.1 indicato: aria; per l’attribuzione a C. Cossoni cfr. Bibliografia.

Titolo uniforme

Organico

Basso e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Il regnator inglese
2.1: (recitativo-arioso, c)
Più monarca non sono
3.1: (aria cavata, 3/2)
Vo mendicando tuoni
4.1: presto(recitativo-arioso, c)
Libertà di morire
5.1: spiritoso(aria, re maggiore, 6/8)
All’armi all’armi a vendicarmi
6.1: presto(aria, la maggiore, 6/8)
All’armi all’armi il ciel al terra il mar
7.1: adagio(recitativo-arioso, c)
Infelice che sogno?
8.1: spiritoso(aria cavata, 6/8)
Sparite sparite da me
9.1: adagio(recitativo-arioso, c)
Figli voi dove sete
10.1: adagio(arioso, c)
Morrò dunque che meco
11.1: (recitativo, c)
Farò dalle ruine
12.1: adagio(recitativo, c)
Il sangue generoso
13.1: adagio(aria, re maggiore, c)
Ogn’aurora al fin s’inbruna
13.2: (aria, re maggiore, c)
Dove luce più si sprezza

Trascrizione del testo poetico

Il regnator inglese
Prescito dalla sorte
Mentre in scena di morte
Chinava al ferro infido il capo Augusto
A forza d’un pensiero
Magnanimo e dolente
Attonito e feroce
Così prigion disprigionò la voce:
Che magia di destino
Fra turbini di sdegno
Cangiò in sepolcro un regno?
Le trombe già sonore
Foriere di vittorie
Lingue delle mie glorie
Sepeliscon sonando
Con funesto fragore
In doppio funeral vita et honore.

Più monarca non sono
M’è catena lo scettro e bara il trono
Stelle barbare stelle
Satiatevi horamai del sangue mio
Vantate par trofeo
Che faceste morir un re da reo.
Sfere eclissatevi
Nubi squarciatevi
Su su su su
Si spezzi il cielo in lampi
T’odio o ciel se mi scampi
Misero, a che son gionto?

Vo’ mendicando tuoni
Né trovo una saetta
Non per difesa mia ma per vendetta.

Libertà di morire
Manca ancor ai regnanti
Non ho fra tanti e tanti
Eserciti di ferro
Una spada per me
Fantasma son di Carlo ombra di re.
Ma non son io che freno
L’ocean più feroce?
Volan alla mia voce
Per i campi del mar selve di vele
Arbitro di più vite
L’Ercole de Scozzesi
Il Giove de Britanni
Sempre Carlo sarò.

All’armi all’armi
A vendicarmi
Regni vassalli et isole natanti
Si tronchi la man rubella
Ch’ardisce minacciarmi.
Quel perfido cor si svelli
Che sdegna d’adorarmi

All’armi all’armi
Il ciel la terra il mar
Con allegro sonar
Mi cantino il viva viva
Infelice che sogno?
Speranze traditrici
Larve tormentate sparite da me
Fantasma son io di Carlo ombra di re.

Figli voi dove sete
Miseri perché miei eredi
Di ruine martiri di sventure
Per pietà soccorrete
Ad un re ad un padre
Non fra belliche squadre
Vincitor coronato
Ma fra ceppi di pene
Lingua ch’ardisci dir? Ma condannato
Vittima del furor spoglia del fato.
Uccidetemi voi
Viscere mie
Non infami un Plebeo
Un carnefice un mostro
L’adorato splendor del sangue nostro.
Che sarà la fierezza
Pietà, voi m’udite ohimè?
Fantasma son io di Carlo ombra di re.

Morrò dunque che meco
Non more la grandezza.
Può il ferro traditore
Troncarmi il capo sì non la corona.
Farò dalle ruine
Sorger allori al crine
Coraggio mia costanza
Lacrime, che volete?
Non sa che sia timore
Un’alma coronata un reggio core
Fra l’arene d’Egitto
Cadde Pompeo sì ma cadde invitto
Anco nel cielo suole
Temerario vapor dar tomba al sole.
Così si dolse e parve
Che commandando al colpo
Tutto pien di decoro
Dicesse in un sospir regnando io moro.

Il sangue generoso
Con più stille sbalzando
Di mille lampi acceso
In aria ancor sospeso
Minacciò fulminò
La turba parricida
Ch’uccise senza fe’
Con tributo di piaghe il proprio re.

Ogn’aurora al fin s’inbruna
Non v’è regno che non cada
E recida un fil di spada
Labirinto di fortuna
Intendetela eroi
Porta in fronte ogni sol gl’esperi suoi.
Dove luce più si sprezza
E fatal l’oro del crine
Precipitij di ruine
Fanno base ad ogni altezza
E sa tessere la sorte
A porpora real trame di morte.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-URBc - Urbania - Biblioteca Comunale
fondo Ubaldini
collocazione Mss.31/2.1

Scheda a cura di Teresa M. Gialdroni
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