Scheda n. 10141

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica manoscritto

Data

Data incerta, tra il 1700 e il 1710

Titolo

Cristo Tradito. Melodramma sacro

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Baldovini, Francesco (1634-1716)

Fa parte di

Baldovini Poesie MSS. (n. 10064/77)

Pubblicazione

[S.l. : copia, 1701-1710]

Descrizione fisica

C. 183r-187r

Filigrana

Non rilevata

Note

Il testo è definito nella fonte "Melodramma sacro"

Titolo uniforme

Mentre d’ombre lugubri opaco velo. Forma non specificata

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

TESTO: Mentre d’ombre lugubri opaco velo
Su le rive idumee la notte apria
Sparso l’Eterno Amante
Di sanguigni sudori
Dell’oliveto entro i solinghi onori
Con palpitante cuor mesto languia,
E in rammentar gl’oltraggi
Cui tosto esser dovea misero oggetto
Dal tormentato petto
Volar facea sovra l’eteree sfere
Al gran Padre immortal queste preghiere:
CRISTO: Il tuo benigno ciglio
Che sol può ristorar gl’alti miei danni
Volgi fra tanti affanni
Mio Genitor, mio Dio, volgi al tuo Figlio.

Mira ohimè qual fiero scempio
L’ira ebrea ver me prepara,
Mira ohimè qual freme a gara
Del mio sangue avido ogn’empio.

Ecco in me scatenati
D’iniquo traditor gl’odi rubelli:
Ecco in me congiurati
Scherni, ingiurie, martir, strazi e flagelli.

Deh mercé Padre mercé
Le mie voci odi dai Cieli,
E dolor tanto crudeli
Per pietà togli da me.

TESTO: Finiti appena avea
Sì dogliosi lamenti
Che dall’empiree soglie
Sceso alato Fanciullo in auree spoglie
L’aria intorno arricchì di lampi ardenti,
Poi giunto al suo Signor placide affisse
Nel sembiante di lui le luci, e disse:

ANGELO:
Raffrena omai, raffrena
Mio Dio l’aspro dolor,
Né stral d’acerba pena
Sì ti traffigga il cor.
Per te del crudo Averno
Il Ciel vittoria avrà;
Per te del Regno eterno
Le gioie ogn’uom godrà;
Sola tua man dovrà
Spezzar la ria catena,
Che il mondo opprime ognor,
Raffrena omai, raffrena
Mio Dio l’aspro dolor.

TESTO: Ciò detto al Ciel rivolse
Le piume, e sparve in fra quell’ombre intanto
Cinto da plebe indegna
Lo scelerato Giuda il piè raccolse:
E nei malvaggi petti
De suoi seguaci ad opre inique intenti
La fierezza avvivò con questi accenti:
GIUDA: Qui dove i tronchi spessi, i folti rami
Fan tenebre più cupe, e più profonde,
A machinar tra sé pensieri infami
Sconosciuto, e notturno il reo s’asconde.
Voi con pupille accorte
I movimenti miei pronti osservate,
E sia tra i lacci in un momento avvolto
Quel seduttor mendace
A cui pegno di pace
Con falso affetto imprimerò nel volto.

Pietà non vi prenda
Di finta pietà;
Ma sol crudeltà
Li spirti v’accenda.
Correte,
Volate,
Stringete,
Legate
L’audace ribelle
Che Re delle stelle
A creder si da.
Pietà non vi prenda
Di finta pietà.

TESTO: Dalle esecrande note
Più la turba crudel fatta arrogante
Là dove i fidi suoi nel sonno immersi
Risvegliava, Gesù drizzò le piante;
E poiché porger vide
Alla guancia di lui bacio mentito
Veloce oltre si spinse,
E di barbari nodi il sen gli avvinse.
Ei d’oltraggio sì grave
Nulla turbato in fronte
Girò sguardo soave
Del sacrilego stuol nei torvi aspetti
Indi il labro divin sciolse in tai detti:
CRISTO: Qual or nel Tempio i più profondi arcani
Aperti a noi di verità celeste
Il mio piè non stringesse
Fra legami inumani
Et or, che il tutto ingombra altra quiete
Armi sì varie, e tante
Quasi contro un ladron ver me movete?
Ah che vostra è quest’ora,
E in essa ha il Ciel prefisso,
Che le sue forze insane
Possa a miei danni esercitar l’abisso.
In me dunque sfogate
L’orgoglio micidial, la rabbia ultrice;
quanto offender mi può tanto vi lice.
TESTO: Tacque, e l’empia masnada
Tra scherni e strida, indegnamente onusto
Di tenaci ritorte
Seco il guidò per condannarlo a morte.
Ma poiché il nuovo dì sul Gange apparse
Pien di tema, e spavento
Giuda a terra fremendo il prezzo sparse
Del suo vil tradimento;
E disperato in solitaria arena
In tal guisa parlar fe’ la sua pena:
GIUDA: Terra e come sostieni
Un mostro d’empietà? Cieli che fate?
Se in me non avventate
I folgori più fieri, e più mortali
Qual fallir punitere?
Togliete omai togliete
Dal mondo un traditor. Non più rimiri
Del giorno i rai furia sì cruda. Io stesso
A voi chieggio il morire.
Con troppo rio martire
Mi fa guerra il pensier; troppo m’accora
Un implacabil duolo,
Che le viscere mie strugge, e divora.
Su svenate, ferite
Ardete, incenerite
Questo mio sen, queste mie membra, e sia
Delle mie morti il fin la morte mia.

Sol per me pura Innocenza
Fra li strazi oppressa langue;
Sol per me crudel sentenza
Spargerà d’un giusto il sangue.

E ancor vivo, ancor spiro?
Ah no, giacché sì lenti
Scorgo ai gastighi miei la terra, e il Cielo,
Dal suo corporeo velo
Con questa destra istessa
L’alma discioglierò. Regni infelici
Del immortal dolore
Già di un cieco furore
Eseguisco i consigli, e a voi m’invio:
Funesta terra, odiato Cielo, addio.
TESTO: Disse, e d’orrido laccio il collo avinto
Cadde a un tronco pendente,
Onde di Stige alla magion dolente
Disdegnosa volò l’anima rea.
Ah che il Ciel non potea
A chi commise un sì esecrando eccesso
Dar flagello crudel più di sé stesso.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Fr - Firenze - Biblioteca Riccardiana
collocazione 2474.77

Scheda a cura di Giulia Giovani e Ivano Bettin
Ultima modifica: