Scheda n. 9915

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1700-1735

Titolo

N.25 / L’Arianna

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Mancini, Francesco (1672–1737)

Fa parte di

Cantate da camera (n. 9055/25)

Redazione

[Napoli : copia, 1700-1735]

Descrizione fisica

C. 141-156

Filigrana

Non rilevata

Note

In altra fonte, con varianti, questa intonazione è attribuita a Benedetto Marcello (cfr. I-Rama, A MS 3722). Testo sul lamento di Arianna messo in musica anche da Alessandro Scarlatti, Antonio Caldara e Antonio Orefice. Cfr. Bibliografia.

Titolo uniforme

Ebra d'amor fuggia. Cantata, L'Arianna

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, si♭ maggiore, c)
Ebra d’amor fuggia
2.1: All.o(aria, re minore, c)
Pur ti stringo o mio diletto
3.1: (recitativo, re minore, c)
Ribaciolla Teseo
4.1: And.te spiccato(aria, mi minore, 3/8)
Stringa sì dolce nodo ardente amore
5.1: (recitativo, sol maggiore, c)
Ma poi che desta vide
6.1: presto(aria, do minore, 3/4)
Ingoiatelo
7.1: (recitativo, do maggiore, c)
Ah che son con Teseo per mio tormento
8.1: Largo(aria, re minore, c)
Struggiti o core in pianto
9.1: (recitativo, si♭ maggiore, c)
Sì disse e tanto pianse

Trascrizione del testo poetico

Ebra d’amor fuggia
Dalle soglie paterne
Tra le braccia a Teseo la regal figlia
Del cretese signor la bella Arianna
Gionta allo scoglio in cui
Un tardo pentimento l’attendea
Del garzon infedele in grembo assisa
Nel volto traditor le luci affisse
Indi baciollo e disse:

Pur ti stringo o mio diletto
Pur ti bacio o caro ben.
Bella gioia del mio petto
Bell’amore del mio sen.

Ribaciolla Teseo
L’accarezzò sin tanto che i begl’occhi
Le oppresse il sonno incauto
All’or col piede al par del core infido
Fuggì dalla tradita
Donzella e gionto al lido
Ove attendealo il legno
Spiegò le vele ai venti e verso Atene
Indrizzò il corso e Arianna
Lasciò sola in balia delle sue pene.
Essa intanto dormia
E un sogno ingannator la dipingea
Vicino il suo diletto a cui dicea:

Stringa sì dolce nodo ardente amore
Né fredda gelosia lo sciolga mai.
Più tuo che mio sarà questo mio core
Più mio che tuo mio ben sempre sarai.

Ma poi che desta vide
Sé abbandonata e sola e vide il legno
Che volando rapia la sua speranza
Teseo gridò Teseo
Qual furia a me t’invola
E a qual inferno m’abbandoni ingrato
Ah dall’infida antenna
Le vele abbassa e riedi
A questa senza te misera sponda
Ahi ch’ei siegue il suo corso
E mi risponde il sol fragor dell’onda.

Ingoiatelo
Laceratelo
Ondosi vortici
Mostri del mar.
Sorgete o tempeste
Atroci e funeste
Le membra barbare
A divorar.

Ah che son con Teseo per mio tormento
In lega i mostri il mar gli scogli e’l vento
Più non veggon quest’occhi
Che del mio fallo il portentoso aspetto
Veggio il mio padre offeso
Il mio germano ucciso
Il mio sangue tradito
Il mio onore perduto
E ancor fra tanti detestabili oggetti
Non veggio ancora il volto della morte
Che il mio furor che il mio dolor conforta.

Struggiti o core in pianto
E piangi sino a tanto
Che tu non sia più cor.
E se non puoi tu solo
Pianga con il tuo duolo
Il mio tradito amor.

Sì disse e tanto pianse
Che vedutala Bacco
N’ebbe tanta pietade e tanto zelo
Che dal funesto scoglio

Seco la trasse in su le vie del cielo.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella"
collocazione 33.3.33 [olim Cantate 28].25

Scheda a cura di Giulio Amandorla
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