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Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Peccatore.
Prestatemi l’ardore,
Serafini celesti,
Da pietade e dolore
Un incendio si desti,
Ch’incenerisca il core
Serafini celesti
Prestatemi l’ardore.
Al grand’uopo
E poco il pianto,
Voglio un foco,
Ch’arda tanto,
Ch’ogni vena dell’alma arida resti.
Prestatemi l’ardore
Serafini celesti.
Ang.
Quel serafin son io,
Che su romita balza
All’amante Francesco
Con infocati rai
Del trafitto Giesù l’orme stampai;
Or tu da’ Serafini
Che pretendi o mortale?
Vuoi forse, ch’io, di quel medesimo ardore,
T’imprima, i segni al core?
Ah centro d’empietà,
Abisso ai perfidia e tradimenti,
Tu scelerato tenti,
Tu nemico presumi
D’apparecchiare il loco
Nell’empio petto a quel celeste foco?
Monda pria l’atro seno
Di frodi innate e rinovella il core
Con più saggio tenore,
Sradica pria quegl’odi,
Ch’all’altrui danno inestinguibili nudri,
Quelle lascivie ammorza,
Che con vampa infernal t’ardono in seno,
Quella superbia abbatti,
Onde conculchi in un la terra e ’l Cielo.
E poi chiedi e attendi
Quasi in mercé dai Serafin gl’incendi.
Sparge i voti e l’opre al vento,
Chi peccando implora aita,
Colpa annosa in sen nudrida
Non si toglie a un lieve accento,
Frangi l’antico gelo,
Non si compra col ghiaccio ardor di Cielo.
Pec.
Dove son le catene,
Dove, dove i flagelli
Di rostri armati a lacerarmi il seno?
Qui vuo’ che venga meno
A percosse sanguigne,
Chi profanò con numeroso eccesso
I Serafini e ’l Paradiso istesso.
Voi ministri crudeli,
Che con rigide sferze
Fendete il fianco al Redentore avvinto,
In me rivolti, in me
Scaricate quei colpi,
Disfogate quell’ire,
E senta alfin quest’insensato petto
Principij di dolor, se non d’affetto.
Tu sacrilega destra,
Compendio di quegl’empij,
Che batti i chiodi a conficcarlo in croce,
Ripercuoti feroce
Con quel pesante acciaro
Quest’impietrito core e fa ch’impari
Con mille colpi e mille,
S’egli è di selce a scaturir faville.
Mercé non diffidi
Chi merto non ha;
Udite Giesù
Che chiede pietà
Per turba d’infidi,
Che morte gli dà
Mercé non diffidi
Chi merto non hà.
Deh trafitto pietoso,
Amoroso languente
Dolce spirante, or che spalanchi il fonte
Delle tue gratie e che pietade implori
Anco a tuoi feritori,
Deh dona a me che sono
L’alma più rea, che t’abbia offeso e morto
Una reliquia sol del tuo conforto.
A 2.
La pietade e la speranza
Già s’avanza al primo segno;
Non sentite il nostro Dio,
Ch’ad un rio promette il regno?
La pietade e la speranza
Già s’avanza al primo segno,
Con poche favelle
Quel ladro pentito
Guadagna le stelle?
Cento delitti e cento
Può scancellar sovente un vivo accento.
Pec.
Deh s’un ladron, ch’empia
D’omicidi e rapine ogni contrada,
Vuoi che lieto sen vada
A trionfar ne la magion del Cielo,
Deh tuo celeste zelo
A un’alma incrudelita,
Che rubba a sé, non men ch’a te, la vita,
Con iterato esempio
Dispensi la pietà, che dona a un empio.
A 2.
Mortali sperate
Ch’è tempo di pace,
Ma intanto mirate,
Ch’il sol vi minaccia
In torbida face
Mortali sperate
Ch’è tempo di pace.
Tra flutti, tra calme
Ondeggino l’alme
E le risvegli insieme
Orror la colpa, il redentor la speme.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione 204.3.B.12.87
Scheda a cura di Nadia Amendola