Scheda n. 8732

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1640-1650

Titolo

La Cantata per non Cantata

Presentazione

Partitura

Fa parte di

Arie e cantate (n. 8731/1)

Redazione

[Roma? : copia, 1640-1650]

Descrizione fisica

C. 1-12v

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Rostirolla 2003: pp. 704-706

Bibliografia

Rostirolla 2003: p. 704

Descrizione analitica

1.1: (arietta, do maggiore, 3/2-c)
Dallo strale d’amor fugga chi può
2.1: (recitativo, c)
La conobbi una ingrata
3.1: (arietta, 3)
Per dar fine alle pene
4.1: (recitativo, c)
Fermate olà fermate
5.1: (recitativo, c)
Tanto ritrosa sei quanto sei bella
6.1: (recitativo-arioso, c)
Chi racchiude il mio cor entro al tuo petto
7.1: (arietta, 3)
Se ben voi mi schernite
8.1: (arioso, c)
Tacete su tacete
9.1: (aria, c)
Rendimi il cor ingrata
10.1: (recitativo, c)
Al mio penar voi sete troppo rigida.
11.1: (aria, sol minore, 3)
Grida grida mio cor grida più forte
12.1: (aria, c)
Filli voi sete così vago sole
13.1: (recitativo, c)
Teme che non siam spenti
14.1: (recitativo, c)
Da me alme apprendete

Trascrizione del testo poetico

Dallo strale d’amor fugga chi può.
E’ troppo vecchia ohibò.
Del ch’impresta una speranza
A ch’in pene se ne stà.
Di tal robba in abbondanza
Io farò la carità.

La conobbi una ingrata
E pur vogl’io esser suo
Prigioniero hor è vano
Il pensiero
Ch’al mio grave martire
Dia pietosi i lumi sui.

A questo si può dire
Sol di te ti lamenti e non d’altrui.

Per dar fine alle pene
Corri corri a morir misero core.

Deh pensateci bene
Una volta si more.

O quanti sono matti e non lo credono.
Di questo male pochi se n’avvedono.

Fermate olà fermate
E non vi paia strano
Io conosco il poeta è marchigiano.

Tanto ritrosa sei quanto sei bella.
Con me questo favilla.

Chi racchiude il mio cor entro al tuo petto
Hor mi niega conforto.
O che sciocco concetto,
Chi non ha core è morto.

Se ben voi mi schernite
Se ben voi mi sprezzate
Tanto mi seguirà l’anima mia.
La canzone sta ben su la follia.

Tacete su tacete
Acciò la rea sentir possa i miei pianti.
Costui non vuol ch’io canti.

Rendimi il cor ingrata
O porgi al mio dolor qualche mercè.
Tu non parli con me.

D’amor i contenti
Cantar non vogl’io.
Sete dell’humor mio.

Al mio penar voi sete troppo rigida.
Si può sensar che la stagion è frigida.

Grida grida mio cor grida più forte
Ch’il tacer in amor ben spesso noce.
Domani canterò c’hor non sto in voce.

Filli voi sete così vago sole
Ond’i sui rai lucenti
Paragonar con voi Febo non vuole.

Questo mi piace l’aria e le parole
Io vuò veder s’è così bello il fine.

Teme che non siam spenti
Dai nostri e suoi bei rai
Per ciò non splende mai
All’hor che voi nel ciel d’Amor splendete.
Ah ch’a ragion potete
Trattar gl’amanti poi con alterezza
Se paventa anco il sol vostra bellezza.

Ma stolta io sono
Che non m’avvedo in tanto
Che burlando il cantar alfin pur canto.

Da me alme apprendete
Non scherza con Amor se voi d’amore
Prigionieri esser poi già non volete
Se comincia da burla e come appunto
Il mio libro scherzai seco si scherza
Ma quand’ei col suo dardo un core ha punto
Com’io burlando e poi burlato sono
Avvien ch’in un istante
Chi d’Amor si ridea divenghi amante.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
collocazione Mss 2565.1

Scheda a cura di Federica Zaccari
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