Scheda n. 8165

Tipo record

Scheda singola

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1715

Titolo

Cantata / Academia habita coram illustrissimo, ac reverendissimo D. D. Alexandro Zondadario archiepiscopo Senensi

Presentazione

Legami a persone

dedicatario: Zondadari Alessandro

Pubblicazione

Siena : copia, 1715 ( : apud Bonettos typis Publici, 1715)

Descrizione fisica

19-22; 38-41 pp.

Filigrana

Non rilevata

Note

La cantata presenta due personaggi: Disciplina e Gioventù. Fu inserita, con funzione didascalica, nell’Accademia offerta dal Seminario di Siena in onore dell’arcivescovo senese Alessandro Zondadari, insediato in Siena l’11 agosto 1715. La composizione è preceduta da un prologo e un’orazione entrambi in latino, le due parti della cantata sono intervallate da testi poetici in lingua latina destinati alla lettura o recitazione.

Titolo uniforme

Ferma, non tanta fretta. Forma non specificata

Trascrizione del testo poetico

Prima parte

[Disciplina]
Ferma, non tanta fretta,
O GIUVENTUDE eletta.
Io son la DISCIPLINA
Che do regola e norma al tuo cammino
Quella, che sprone, e duce
All’altro Tempio, ove risiede Onore
Il dotto Stuol conduce.
Rigida son, ma figlio
È d’un sincero affetto il mio rigore.
Quei sol, che al mio consiglio
Il suo savere affida,
la saggia Dea nel ruolo suo ricetta.
Ferma, non tanta fretta.

Destriero alato
Che lena, e fiato
Nel pian perdé,
Alla salita
In vano aita
Chiede al suo piè.
Destriero, c.

Così fermo tra via
Senz’onor della palma,
Poiché fu troppo ardito,
Confuso resta, vinto, e sbigottito.

[Gioventù]
Mi diceste pur diansi
Lunga esser l’arte, e della vita i giorni
Correr veloci, quanto corre il vento.
Fa d’uopo a chi di saggio
Il nome cerca, e l’immortale onore,
Che pensi ogni momento
A muover passo avanti
Nell’erto fatigoso aspro viaggio.
Fra via mi figuraste
Cinto da folta siepe un campo ameno
Di mille fior ripieno:
E mi diceste poi,
Qui pungere abbisogna, e mano, e piede,
E chi si punge più, più ricco riede.

Pellegrin, che fermo sta,
Mai non giunge al patrio suolo,
E più duolo
Nel suo cuor provando va.
Ape umil che riposò
Stanca il volo in un sol fiore,
Senza onore
Al suo nido ritornò.
Pellegrin c.

[Disciplina]
Tal debbi impennar l’ali.
L’Amico tuo destino
In questa strada, in questo campo ameno
Simil ti vuole all’Ape, e al Pellegrino.
Al Pellegrin che tardo si ferma in ogni loco,
Finché del tutto pago
Viva la bella imago
Di ciò che vide, forma nella mente,
onde poi ritornato
La truovi nell’Idea sempre presente.
L’Ape simigliar dei, ma non già quella,
Che vola sempre, e fugge
D’uno in un altro fiore,
E non posando mai mele non sugge.
[Gioventù]
Spinta da zelo, e da desio d’onore
È ver, che volo sempre,
Ma per suggerne il mel colgo ogni fiore.

[Disciplina]
Giardinier, che sul mattino
Coglie tutto
Il più bello,
Che la pianta generò
Nel fecondo suo Giardino,
Quando ’l vede senza frutto,
Poiché il fior non allegò,
Ei si lagna notte, e dì,
E non pensa esser lui quello,
Che ‘l Giardino impoverì.
Giardinier c.

La scienza è un vasto mare,
Cui solcare abbisogna
Con metodo, e con arte.
Se ’l sagace Nocchiero
Con provido consiglio
Non misura ogni passo, e loco, e parte,
Trova uno scoglio, dove
Più sicuro credea il suo naviglio,
Vi son delle procelle,
Dove par cheta l’onda,
E se t’inoltri più, ti perdi in quelle.
Altre vince il coraggio
E ‘l nobile ardimento
Nel primo suo cimento.
Altre più fiere poi
Coll’arte, e coll’industria,
Non colla forza superar le puoi.

[Gioventù]
Nocchiero accorto,
Che al vento scioglie
La Navicella,
Non sempre trova
Fiera procella
Da disfidar.
Talora in porto
Le vele avvoglie,
Che appena il crede,
E sol lo prova,
Perché si vede
Fuori del mar.
Nocchiero c.

Se così fia, per voi
Necessitade è il caso.
Forse chi sa, che non poss’io per questa
Onda sì borascosa
Il mio corso drizza senza tempesta?
[Disciplina]
Fin’or tra’ fiori senza mai fidare
All’onda il piè, non ti scostasti mai
Dalla Riva, e dal lido. Al mare, al mare.

Seconda Parte

[Gioventù]
Quanti scogli, e quanti
Nel mar, che solco già trova il mio legno!
[Disciplina]
Non dubitar: Lo ‘ngegno
Dà legge all’onde, e tutto puote, e vince.
Spiega le vele a tempo:
Mira virtude qual amica Stella,
e preda non sarai della procella.

[Gioventù]
Più che la guardo,
La vaga luce
Meno riluce
Nel ciel per me.
Al debol sguardo
Mancan le piume,
Il troppo lume
Cieco lo fe.
Più che c.

[Disciplina]
Or cominci a vedere.
Chi di veder men crede
La bella ala virtù, quei più la vede.
[Gioventù]
Come posso veder se cieca sono?
[Disciplina]
Sei cieca se presumi
Volar sull’altro Trono,
E dappresso inchinar la gran Reina.
Mirala altrove, e poi
Dimmi se manca luce agli occhi tuoi.

Bello è ‘l sole in mezzo al Cielo,
Né mai l’occhio lo mirò:
Ma ben chiaro, e senza velo
Puro fonte gliel mostrò.
Bello c.

[Gioventù]
E qual è mai quel fonte,
Ov’io non miri tosto
Il di lei volto grazioso, e bello?
Tal brama in me s’accende,
Che la cerco nel fonte, e nel ruscello.
[Disciplina]
O in questo no, che scorger non la puoi.
È torbo il rivo, e della ricca imago
L’occhio non può far pago.
Per un breve momento
Mostra fugace un raggio,
Un raggio, che or lo vedi, ed ora è spento.
Rivi son cert’ingegni
Ce per fiumi imitar si fan torrenti,
Poi dell’usato calle
Torcono ad inondare
Con rena, e sabbia la soggetta valle.
Questi non li degnar neppur d’un sguardo.
Non ha legge il lor moto,
E perché sregolato
O’ si perdon per via, ò portan loto.
[Gioventù]
E pure a questi rivi
Corre per ristorarsi ogni assetato.
[Disciplina]
Chi non sa bere altronde,
benché secco ed esangue,
O non ha gusto, o pure infermo langue.

Egro corpo che vien meno
Per la sete, e nel più forte
Fiero ardor non ha che ber,
o sia fiele, o sia veleno
Quel che trova, bee la morte,
e ne sente gran piacer.
Egro c.

[Gioventù]
Ma questi non ha senno
E ‘l dolce con l’amaro in un confonde.
[Disciplina]
Tale appunto è colui, che le profonde
Ricche idee de le cose
Va cercando ascose,
Ove non è principio, ordin, né forma,
Lì dove i detti, i modi, e le figure
Son tutte vanitade,
Ove ben spesso accade,
Che l’occhio unito veda
Con artifizio insano
Un piede di gigante, a un capo nano.
[Gioventù]
Questo è ‘l costume degli umani ingegni;
Per non parer men saggi
Di quei che visser già,
Formar de’ suoi pensieri altri disegni
Amar la novità.

Quell’imago oggi più piace,
Che la rende più vivace
Con nuov’arte il Dipintor.
Nuove fogge, e nuove mode
Son lusinga, e dolce frode.
Son incanto agl’occhi, e al cor.
Quell’imago c.

[Disciplina]
Questo appunto è l’errore
Di quei, che vanno in traccia
Di virtude, e d’onore,
e non lo trovan mai:
Fuggir l’antica strada
Quando sol quella è buona,
E a chi per altra va, convien, che cada:
Lasciar la fida scorta
Di quei sublimi, ed immortali ingegni,
In cui soli, e non altri
Vi è forza, sapienza, e v’è consiglio,
Maestade nel dire, e in un dolcezza,
invenzione, ed arte,
Facondia senza pari,
Profondità ne’ sensi, ed accortezza.
Dimmi, che v’è di buono
Nell’opre di coloro, o pur chi sono?

Son certi augelli
Muti, e sol belli,
Perché l’indora vario color.
Son certi frutti
Di sugo asciutti,
Vaghi al di fuora
Senza sapor.
Son c.

[Gioventù]
Son vinta, e al tuo consiglio
Consiglio senza pari,
o saggia Disciplina io già m’ppiglio.

A 2
[Gioventù]
Altra brama ormai s’accende
Entro il core
Più non voglio vanità.
[Disciplina]
Se il tuo cuor così l’intende,
Saggia sei, virtude, e onore
Ricco premio a te farà.

Risorse online

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rc - Roma - Biblioteca Casanatense
collocazione VOL. MISC. 1945 3

Altri esemplari

I-Rn, Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II
I-Vnm, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana


Scheda a cura di Chiara Pelliccia
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