Scheda n. 7839

Tipo record

Scheda singola

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data certa, 1749

Titolo

La Maddalena al Sepolcro di F.G.A. Valentini

Presentazione

Partitura e parti

Legami a persone

compositore: Valentini, Giovanni Andrea (XVIII sec.)

Redazione

[S.l. : copia, 12 marzo 1749]

Descrizione fisica

1 partitura autografa (7 c.) e parti (S: 3 c., vl1: 2 c., vl2: c. 2, vlc: 4c.) ; 225x300 mm

Filigrana

Non rilevata

Note

La Cantata oltre al consueto raddoppio del vl I e del vl II presenta il bc realizzato da due violoncelli. Interessante anche l’Aria 2.1 dove i secondi violini dopo 5bb. si muovono a distanza di terza per poi ricongiungersi all’unisono. Nella successiva Aria 4.1 invece dopo una introduzione di 18bb. i due violini primi e secondi seguono il Soprano una terza sotto.

Titolo uniforme

Presso lo speco ed il funesto marmo. Cantata, La Maddalena al Sepolcro

Organico

Soprano, 4 violini e 2 violoncelli

Repertori bibliografici

Sartori 1962: Pag.351

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, re minore, c)
Presso lo speco ed il funesto marmo
2.1: Adagio/Allegro(aria-refrain, fa maggiore, c,c/)
Gesù mio e dove sei (A) / Doppo l'aspra iniqua sorte (B) aria bipartita con Da Capo
3.1: (recitativo, mi minore, c)
Sì che pietà non v'è se a me non lice
4.1: Allegro(aria-refrain, la minore, 2/4, 3/8)
O che riveggo (A) / Non ha terrore (B) aria bipartita con Da Capo

Trascrizione del testo poetico

Presso lo speco ed il funesto marmo
Che il freddo corpo avea accolto in pace
Del buon Signor trafitto
La peccatrice amante inquieta e smorta
Stava Maria piangendo. Al suo dolore
Qui sciolse il freno a rintracciar pietade
E qui fra speme e orrore
In dolci accenti all’erbe e alle viole
Mille volte narrando i suoi tormenti
Sfogò la pena e il suo figlio chiamando
In questa parte gira e in quella errando.

Gesù mio e dove sei
Chi mi ascolta chi m’addita
Dove è il sol degli occhi miei
Chi sa dir se tornò in vita
Chi al mio cor lo renderà
Doppo l’aspra iniqua sorte
Se fu tolta anche la salma
Che spietata iniqua sorte
Di pietade è priva ogn’alma
La giustizia più non v’ha.

Sì che pietà non v’è se a me non lice
Trovar gli avvanzi almen del mio Signore
Fra queste pietre ove l’altr’ier sepolto
fosti Gesù già quattro volte e sei
Ti vo cercando e invan ti chiamo e piango.
Ma che dico? Che penso!
A chi ragiona l’egro mio cuor?
Qui veggo sol quei lini
Che l’involsero già le fasce il sangue
E sol il corpo suo qui non ritrovo.
Qual tigre ircana o quale orrendo mostro
Lo rapì dalla tomba?
Ma pur io spero che vederlo in breve
A me daran la sorte amore e fede.
In queste piaggie intanto io fermo il piede
Finché il vegga tornar.
Che mai sarà! Chi può senza il suo Dio
Trarre i giorni odiosi e sospirando
Vivere per amare amar penando.

O che riveggo
L’amato bene
O che qui moro
Senza ristoro
E sciolta in pianto
Fra tante pene
Io languirò.

Non ha terrore
Per me la morte
Senza il mio amore
Ogni aspra sorte
Ogni sventura
Soffrir saprò.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Af - Assisi - Biblioteca e Centro di documentazione francescana del Sacro Convento di S. Francesco
collocazione 471-2

Scheda a cura di Maria Lucia Anselmi
Ultima modifica: