Scheda n. 7584

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Al Signor Giulio Bufalini contra il duello. Si toccano le glorie della Maestà Cristianissima del re Luigi XIII. Al balenar di duo begli occhi ardenti

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 30-36

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Al balenar di duo begli occhi ardenti. Forma non specificata, Al Signor Giulio Bufalini contra il duello. Si toccano le glorie della Maestà Cristianissima del re Luigi XIII

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Al balenar di duo begli occhi ardenti
Del gran Signor d’Anglante
Fatta tenera amante
Prova l’alma nel sen fiamme cocenti:
L’alma , che nel più fiero aspro periglio
Intrepida e costante
Fra ‘l sangue e fra l’orror cinta è di smalto
Ne l’amoroso assalto
Teme (chi ‘l crederia?) l’armi d’un ciglio:
Teme e sovente d’atro pianto amaro
Su la rigida man bagna l’acciaro.

Ma non men caldo il Sir di Montalbano
Chiude nel petto il core,
Ch’a le fiamme d’amore
Tolse lunga stagion lo sdegno invano.
Ma qual arco avventò l’ira mortale,
Ch’entro vorace ardore
Barbara incenerì menti sì chiare?
Da le tue luci rare
Bella Angelica uscì l’aurato strale
E trionfante Amor di sì grand’alme
Sul tuo ciglio gentil spiegò le palme.

Ardono i duo campioni e loro il grembo
Sferza gelosa cura
E la vivace arsura
Sparge con fredda man gelido nembo.
Ardono amanti e minacciosi a fronte
In cieca guerra e dura
Cingon di ferro il nobil seno e ‘l fianco.
Ciascun feroce e franco,
Dove Amor porta in campo oltraggi ed onte
Dal cor tenta col sangue al suo nemico
Lavar di lei, ch’adora, il nome amico.

Carlo, che teme, l’amorosa gara
Non tolga agli aurei gigli
Sì magnanimi figli
E sua corona altrui renda men chiara;
Itene, disse, e chi di voi più vaglia
Né feroci perigli
Timido miri e l’Africano e ‘l Moro.
Là là nel sangue loro
Vostra gloria fra l’armi in pregio faglia:
Là sciogliete la man, portate il piede
E sia la donna al vincitor mercede.

Mostro non diè da l’ampio sen la terra
A faticar d’Alcide
Le grandi armi omicide
Tra spavento di morte armato in guerra
Che di te men feroce empio duello
A le tue brame infide
Non ceda in paragon suo tosco immondo
Belva, cui nutre il mondo
D’aure vane d’onor; mostro novello;
Ria cerasta dei cori orrida e fera
Che si trasse dal sen cruda megera.

Strale qui non chiegg’io di mia faretra
Il più robusto telo
Del biondo Arcier di Delo
Cortese Euterpe a la mia destra impetra:
E senta l’angue con fatali affanni
Portar di morte il gielo
Ne le viscere sue dardo febeo.
Ogni plettro Dirceo
Oggi in un col mio stil s’armi a suoi danni
E quando sia ch’in Pindo arco d’ingegno
Prenda irato a ferir più nobil segno?

Ma dove sciolgo a la mia penna il volo?
Doni al mostro la morte
Novo Alcide e più forte,
Che rosseggiar faccia di sangue il suolo.
O qual aura di Febo empie la mente
E m’apre in Ciel le porte!
Del mostro infido né sanguigni umori
I trionfali allori
Nutre seconda in Ciel stella lucente
Gran Luigi al tuo crin. D’oro e d’elettro
Sia de Gallico eroe clava lo scettro.

Tua man chiede il periglio al regio soglio
Quanti con strano esempio
Duci tolse questo empio
E te punse talor d’aspro cordoglio!
Quante volte di duol sparsa la sponda
In doloroso scempio
Corse la Senna e su que’ campi stessi
Fè pullular cipressi,
Dove sperò vittoriosa l’onda
A suoi guerrier dal freddo Scita al Mauro
Su le chiome i sudor fregiar di lauro!

O di mentito onor larva mendace!
Nome senza soggetto
Tanto puote in un petto,
Ch’osa folle adombrar virtù verace?
Dite, dite che va! Con lucide armi
In bellicoso aspetto
Mercar molli di sangue empia vittoria;
Cui trionfo e memoria
Gloria non renda e neghi Pindo i carmi
Valor, che celebrar disdegna Clio,
Atra notte fatal copre d’oblio.

È la vita un tesoro e mal si spende
Là se onor non riluce.
Gloria, ch’altrui conduce
Sugli erti, è di virtù figlia che splende
E v’è chi poi vendicatore ingiusto
Ragion priva di luce
E di ferro mortal grave la destra
Può con arte maestra
Tinger di morte oscuro campo angusto,
Dov’egualmente d’atro sangue tinto
È vergognoso il vincitore e ‘l vinto?

Arma sire la man di nobil’ira
Ne la sera che cruda
D’ogni pietate ignuda
A turbar le tue spiagge il guardo gira,
Punta dal ferro tuo vegga l’occaso
E formata si chiuda
Negli abissi più cupi. O qual mi detta
Di sì bella vendetta
Chiara gloria al tuo futuro il mio Parnaso!
Più che di squadre debellate e dome
Quindi eterno volar veggio il tuo nome.

Tosto vedrai dal freddo mostro esangue
Sorger daci e guerrieri
Che gloriosi e fieri
Tingeranno per te l’armi di sangue.
Odi grato il mio stil, prendi gli auguri:
Guida il Ciel tuoi pensieri.
Vedrai di tua corona ai primi lampi
Dagl’incogniti campi
Svelare il Nilo i ciechi fonti oscuri
E scosso il giogo di Sion la figlia
Serenar ne’ tuoi rai lieta le ciglia.

A debellar la velenosa peste
Verga Giulio le carte,
Tu, che germe di Marte
Sai lodato vibrare armi funeste
Penna, che di timor gielo non punge,
Forse con più bell’arte
Sia, che scioglia suo volo oltre le stelle
E tue gloriose novelle
De’ sentieri del Sol porti più lunge:
E sia ne la tua man dubbioso intanto
S’abbia il brando o la penna il più bel vanto.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.6

Scheda a cura di Nadia Amendola
Ultima modifica: