Scheda n. 7012

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1630-1670

Titolo

S.r Jiacomo Carissimi. Mas.o della Polinara / Lungi, lungi da me fuggite a’ volo

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Carissimi, Giacomo (1605-1674)
autore del testo per musica: Teodoli (conte)

Fa parte di

Redazione

[Roma : copia, 1650-1680]

Filigrana

Non rilevata

Note

Presente identico in un altro manoscritto (cfr. scheda 4720)

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Rose 1965: n. 89 p. 185

Descrizione analitica

1.1: (recitativo-arioso, re minore, c)
Lungi, lungi da me fuggite a volo
2.1: (recitativo-arioso, c)
Amai che dico amai
3.1: (recitativo-arioso, c)
Così va chi si crede
3.1: (recitativo-arioso, c)
Così va chi si crede
4.1: (recitativo, c)
Dite s’udiste mai
5.1: (recitativo, c)
Non più l’anima amata

Trascrizione del testo poetico

Lungi lungi da me fuggite a’ volo
Memorie sventurate
Quanto più pretendete
Ristorar del mio cor l’acerbo duolo
Tanto più l’accrescete
Son le gioie perdute
I perduti contenti
Rimembranze amarissime e dolenti
Rimembranze che lasso
Mi divorano l’alma
Mi distruggono il cor cotanto è fiero
Del già goduto ben solo un pensiero.

Amai che dico amai
Pur anco adoro una beltà superba
Che di vaghezza estrema
Sul Tebro inalza gloriosa Palma
Felicissimo amante
Dopo lungo soffrir lunghi dolori
Sovra l’ali di fe’ costante e pura
Giunsi a godere altissima figura
Hoggi misero esempio
De più sprezzati et amorosi ardori
Nel porto della gioia
Convien che lasso io moia
E nel mar del mio duol resti il cor mio
Sommerso ohimè senza mia colpa o Dio.

Così va chi si crede
Tener la sorte incatenata e stretta
Se più fugace ha il piede
Che d’arco sciolta rapida saetta
Io che folle sperai
Stabile il mio contento
Caduto alfin mi veggio
In abisso di duol d’aspro tormento
Dal Ciel dall’aure stelle
Tra l’anime rubelle
Nell’inferno d’amor langue il cor mio
Sommerso ohimè senza mia colpa o Dio.

Dite s’udiste mai
Dite s’udiste amanti
Più strana e fiera sorte
Che nel mar del piacer guizza la morte
Sotto forme sì care e bei sembianti
Mascherato sen vada oggi il dolore
Poi che per me dolente
Di cieco sdegno e cieco Padre Amore
Non più non più presuma
Ravvivarsi al mio duol speme di pace
L’alma benché innocente
Incenerisca e pera
In grembo a’ la sua fiamma aspra e vorace.
Non più bramo la vita
Poiché mia fe’ schernita
Poich’è fatto ogn’eccesso
D’amor di servitù danno a me stesso

Non più l’anima amata
Spiega fervidi prieghi
Adorando una tigre in volto umano
Una furia d’Averno un duro scoglio
Seggio di vanità scola d’orgoglio.
E s’armato il pensier torbido e insano
De passati diletti
M’appresenta le forme e i vari aspetti
Non fia ch’il sen m’infesti
Con nuova speme e lusinghiero assalto
Che già fatto è di smalto
Benché nel pianto suo giaccia il cor mio
Sommerso ohimè senza mia colpa o Dio.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

US-Eu - Evanston (IL) - Northwestern University, Library
collocazione Mss. 1.12

Scheda a cura di Irene Maria Caraba
Ultima modifica: