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Descrizione analitica
Dunque il perfido Enea
Quante volte in dolci accenti
Ma qual raggio mi scorge
Contro di te sdegnati
Trascrizione del testo poetico
Dunque il perfido Enea
Si disponea a partir? Quel core indegno,
Non curando del ciel il giusto sdegno,
Della giurata fè non si rammenta;
E per cercare altrove
Un Impero sognato
Chi tanto l’adorò fugge l’ingrato?
Barbaro e che ti feci?
Profugo in questi lidi a render vieni
I giorni miei funesti?
Ti ricevo in Cartago
Ad onta della dea,
Che vuol la tua rovina;
Il mio regno, il mio core io t’assicuro;
Per esserti fedele
Jarba rifiuto e tu (ne ti confondi)
A tanti doni miei così rispondi.
Quante volte in dolci accenti
Mi giurasti amor costante
E dicesti: un fido amante
Non avrai al par di me.
Or non curi i miei lamenti,
Mi feristi e m’abbandoni
Ah! Che questa è de’ miei doni
Troppo barbara mercè.
Ma qual raggio mi scorge
A penetrar nel vero!
Ahi! Veggo alfin, pur veggio,
Che m’ingannò quell’empio.
Mai non mi amò, lo finse
Per aver agio a proseguir costante
L’iniquo suo disegno.
Perfido! In quel momento
Che mi giuravi fedeltà col labbro
Col cor tu mi tessevi il tradimento.
E ben: va pure, ingrato,
Va pur ma vedi prima
Qual crudel sagrifizio,
Ben degno del tuo core, or si prepara.
Mira, mira o sleal le fiamme ardenti
Di mia morte ministre.
Tu le accendesti, iniquo,
Tu il ferro mi recasti
Ch’ora mi vibro in seno. Il tuo fallace,
Il tuo spergiuro cor mi dà la morte,
Ma non sperar mai pace,
Che l’ombra mia tradita
Turbartela saprà.
Se al morir mio tu serbi asciutto il ciglio
Non avrai tal costanza al tuo periglio
L’Onda, il Cielo, la Terra
Vendicarmi sapranno. I neri abissi
Vedrai per scempio tuo, perfido, aprirsi,
S’aggireranno in te le furie intorno,
Nè per te splenderà più lieto il giorno.
Contro di te sdegnati
Il Ciel, l’Abisso il Mar
Sapranno vendicar i torti miei
E nel rigor dei Fati
Ti pentirai talor,
Ma saran sordi ognor gli offesi dei.
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collocazione Mus.2455-I-2
Scheda a cura di Giuseppe Migliore