Scheda n. 6529

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1674

Titolo

Psiche abbandonata

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Monesio, Pietro Giovanni (?-1684)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, p. 20-24

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Con curioso lume. Forma non specificata

Trascrizione del testo poetico

Con curioso lume,
A cui liquida uliva esca porgea,
Tra l’oziose piume
Psiche vide, che Amor seco giacea;
E discoperse al fine
Del suo furtivo sposo
A lei sempre nascoso
Le notturne rapine.
Del sonnacchioso arciero
La timida consorte,
Che gli amplessi temea d’angue severo.
Con intrepido core
Mirando Amore arse d’amor maggiore;
E la lucerna istessa
De la vaga bellezza addormentata
Anch’essa innamorata
Arder parea d’un amoroso foco;
E per toccar, cred’io, le membra amate,
O per baciarle un poco,
Da la sua bocca accesa
All’ora vomitò stilla cocente,
Che con leggiera offesa
Al’ignoto amator l’ali percosse;
Dal sonno Amor si scosse,
E da segreto amante
Fatto amator palese,
Colmo d’ira il sembiante
D’un improviso sdegno all’or si accese:
E scoperto, che fu
Al ciel spiegando l’ale,
Al letto maritale
Ratto involossi e non tornò mai più;
Onde così piangente
Di Citerea la bella emulatrice
Al fuggitivo Amor favella e dice.

Amor, mio sposo, Amore
Ove fuggi, ove corri e dove voli?
Ferma, crudel, deh ferma
La fuga, il corso, il volo,
Così Psiche abbandoni in grembo al duolo?
Dove sei, dove vai?
Torna, deh torna omai
A goder nel mio seno i tuoi riposi;
Pentito arresta il fuggitivo piede,
E cangiando pensier, voglia e desio,
Fema, oimè, le tue piante al pianto mio.

Dunque sempre insino a morte
O mio Sposo incrudelito
Io doveva esser Consorte
D’un incognito marito?

Fu il consiglio simulato
D’empia suora invidiosa,
Che d’un angue avvelenato
Fe’ temermi l’ira ascosa.

Perché una volta sola io ti mirai
Sempre così crudele
Sordo a le mie querele
Qual’aspe, Amor sarai?
Ma se cieco sei tu
Esser cieca non volli anch’io così,
Onde scopersi il predator chi fu,
Che dal mio seno il primo fior rapì.

Temerari miei lumi
Voi, ch’arditi già foste
Sola cagione, ond’io
Son preda di dolore,
Ben di cotanto errore
A voi sol tocca di pagare il fio;
Su, su versate omai fiumi di pianto,
E lagrimate tanto
Finché co’ vostri liquefatti argenti
Riscattate il mio cor da suoi tormenti.

Mio Sposo sdegnoso
Deh senti i lamenti
Di Psiche, che piange;
Si spetra ogni pietra,
E al pianto si frange,
Ma solo al mio duolo
Tu sempre t’induri,
E de le pene mie nulla ti curi.

Tu di Clori gentile o alato Amante,
Che per quei di Giunone
Ampi senteri e vasti
A lui già mi recasti,
Su l’ali tue questi sospiri miei
Porta al mio caro Sposo,
E digli, che pietoso
S’intenerisca al pianto di colei,
Che in lagrimoso umore
Si distrugge, vien meno, e già si more.

Ella qui tacque e intanto
Facendo fine al pianto
L’ardor che l’accendea converso in ghiaccio.
Languida cadde a suoi martìri in braccio;
Quindi apprendete o curiosi amanti
Da Psiche e da suoi pianti;
Poiché sempre crudele
Con flagello di pena e di dolore
La curiosità gastiga amore.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
collocazione ARCA VII 24.7

Scheda a cura di Nadia Amendola
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