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Titolo uniforme
Trascrizione del testo poetico
Coro:
Vaghe del Tebro
Sponde fiorite,
In sì bel giorno
Applaudite
Al gran trionfo
Della Virtù.
Roma:
Ad onta della sorte,
Che d’immense mi colma aspre sciagure,
Son Roma ancora, e son regina, e porto
In sì felice giorno
Di nuovo allor l’augusto crine adorno.
Lode a voi nobil’arti,
Su carro trionfal fastosa ascendo,
E sol mercè di lui,
Che dal soglio di piero,
Fra tante cure e tante a noi rivolge,
L’amoroso pensiero,
In me veggio risorta
Tutta la gloria del Romano Impero.
Splende ancor nel mio sembiante
Il bel raggio luminoso
Dell’antica maestà:
E il sovrano mio regnante,
Che in trionfo mi conduce
Col ristesso di sua luce
Fa maggior la mia beltà.
Fede:
Donna sublime, a parte
De’tuoi chiari trionfi,
E del piacere, onde sì lieta sei,
Essere anch’Io dovrei,
Se promover virtude
Anche per mia difesa oggi si vede;
Ch’è provido consiglio,
Porger la mano alle bell’arti amica
Or, che sovrasta il mio maggior periglio:
Ma un ben giusto timore,
Fa ch’Io goder non possa,
E niega pace, o tregua al mio dolore.
L’alto suono di bellica tromba,
che rimbomba,
Dà pena al mio cor.
E quell’eco, che dalle tue sponde
Le risponde,
M’accresce il timor.
Roma:
Bella Fede, e ancor piangi, e ancor paventi?
Forse più non rammenti
Le tue vittorie nella scorsa etade,
Ond’Asia pianse, e ancor ne sente affanno?
Vivono per suo danno
Gl’istessi incliti duci, e se ben sono
Le due gran Faci, ond’ebbe
Il tuo nome splendor, da morte spente
Vive in Carlo Leopoldo, e vive ancora
Innocenzo in Clemente.
Volgi per consolarti,
Volgi le luci a queste mura intorno;
Del Bavarico Duce,
Di quel sublime Eroe, che già vedesti
In più d’un rischio generoso, e forte
Per accrescer tue glorie,
Sprezzar la vita, e gire incontro a morte,
Di Lui che col valore, e col consiglio
Rese l’alta Belgrado a te soggetta,
Vedrai l’Inclito Figlio:
Ei pari al forte invitto Genitore
Nutre zelo, e valore,
E per l’orme di Lui saggio cammina:
Onde ben Io preveggo
Certe le Palme, ed i Trionfi tuoi,
Se nel Padre, e nel Figlio
Più di quel che vedesti or sperar puoi.
Rasserena, o bella Fede,
Il tuo pianto, ed il tuo ciglio,
Ne il timor di rio periglio
L’alma tua venga a turbar.
La vittoria è già vicina:
Tornerai di Palestina,
Con sicuro, e lieto piede,
Le contrade a passegiar.
Fede:
Alle tue voci, oh quanta
Gioja mi nasce in seno:
Sì sì sperar degg’Io,
Or che rimiro in mia difesa unite
Contra il tracio furore
Le forze, ed il valor di tanti eroi,
E il Sovrano Pastore,
V’unisce anche il fervor de’ voti suoi.
Sento che nel mio cor
In luogo del timor
Sorge la speme.
Il duol da me s’invola,
E l’alma si consola,
E più non teme.
Voi dunque, o vaghe suore,
Imitatrici dell’eterna mano,
Marmi, e tele scegliete,
Che un dì pinger dovrete
Le mie vittorie, ed innalzar trofei:
Tu intanto almo pastore
Per quel, ch’a me dimostri,
E per mia gloria fervido desio,
Dal cielo in premio attendi
Gl’istessi eventi d’Innocenzo, e Pio.
Coro:
Vaghe del Tebro
Sponde fiorite,
In sì bel giorno
Applaudite
Al gran trionfo
Della virtù.
Ma più godrete
Liete, e serene,
Quando vedrete
L’indegno Trace
Fra le catene
Di servitù.
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fondo Sammlung von Handschriften und alten Drucken
collocazione Alt Prunk 48.B.35
Scheda a cura di Andrea Zedler