Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Fa parte di
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Note
Il titolo (c. 1r) è inscritto in una cornice ovale con motivo floreale colorato; il manoscritto apparteneva alla collezione di Giuseppe Sigismondo, acquisita dalla biblioteca alla sua morte.
Titolo uniforme
Organico
Repertori bibliografici
Bibliografia
Descrizione analitica
Sposo amato deh consola
Chi vide al mondo mai
Tergi quel pianto o cara
Ma qual si appressa a noi
In questa notte oscura
Ah che purtroppo è ver, debole forse
Non chiamarmi imbelle oh sposo
Ecco già l'ora è giunta
Vieni pietoso Dio
Oh me felice appieno
La gioia, l'ardore
Esulta Bettelemme avventurosa
Mille cose in un momento
Inarcate le ciglia
Vorrei che dal mio seno
Sposo angusto soggiorno
Volgi il tuo sguardo oh caro
Trascrizione del testo poetico
[Parte prima]
[Maria]
Sposo amato, deh consola
Per pietade il core oppresso
Che mi palpita nel sen.
[Maria]
Chi vide al mondo mai
Un tormento maggiore?
Ah solo esser può noto il mio dolore
A chi nel sen racchiude
Di genitrice il core.
[Giuseppe]
Vergine sposa è vero.
Barbaro fu d’Augusto
L’importuno comando,
E appunto allora quando
Più riposo chiedea
Il gravitato tuo verginal ventre
Fu forza abbandonar le patrie mura,
Tutto questo già fu... ma ahimè, che ancora
Ti veggo palpitar. Rasciuga il pianto
AH! Quel trongo sospiro
Mi svelle il cor. [Maria] Sposo diletto sposo,
Forse ingiusto a te sembra
Questo che dalle luci
Verso tenero pianto?
E qual può darsi mai
Pena maggior? Giugnemmo insieme in questa
Città di Giuda non minor nel vanto,
E per noi non v’è intanto
Misero albergo ove abbia culla un Dio,
E può sembrarti ingiusto il pianto mio?
[Giuseppe]
Il tuo materno amor no, non condanno,
Ma nel vederti oppressa
Da sì fiero dolor, no, sposa amata
Non ho core che basti.
Sai pur che il Ciel talvolta
Per misteriose all’uomo ignote vie
A noi conti e palesi
Rende i decreti suoi, che a noi non spetta
L’indagarne il consiglio,
Ma spesso è arcano ove crediam periglio.
[Giuseppe]
Tergi quel pianto o cara
Tutta t’affida al Nume
Che il sospirato lume
A noi concederà.
Colpa sarebbe in noi
Il dubitar di lui
Che i benefici suoi
Finor ci fè provar.
[Giuseppe]
Ma qual si appressa a noi
Leggiadro pastorello! [Arcangelo] Amabil coppia,
Il Supremo Motore a voi m’invia
Per esservi di guida e di sollievo
In sì gravi perigli e disastrosi,
I bramati riposi
È ormai vicina ad ottener la terra,
Or che tra sé l’umanità rinserra.
Gabriello son io,
Che a te Vergine eletta
L’arcano palesai del grande Iddio.
Egli nel seno tuo
S’asconde, in quello speco
Verrà fra le tue braccia e sarà teco.
[Arcangelo]
In questa notte oscura
Vedrai l’Eterno Sole,
Fra le tue braccia ei vuole
Infante riposar.
Ma tu ti rassicura
Vergine avventurosa
Di Dio sei madre e sposa
Lascia di palpitar.
[Maria]
Ah che purtroppo è ver, debole forse
Mi scorgesti finor, lo sò, lo veggo
Non dovea dubitar. Per grande eccesso
Dell’eterna bontade
Fui del tutto presaga,
Ma il prevedere il male
Senza poterlo, oh Dio,
O riparare o mitigarlo almeno
Calma non porta ma più squarcia il seno.
[Maria]
Non chiamarmi imbelle, oh sposo,
Non è ingiusto il pianto mio,
Se non v’è chi accolga un Dio,
Mi si spezza in seno il cor.
Son rimessa al Ciel pietoso,
Ma son madre e son amante
E sebbene ho fè costante
Serbo viscere d’amor.
[Arcangelo]
Ecco già l’ora è giunta
Vergine umil, in cui di mortal manto
Fatt’Uomo un Dio brama salvare l’Uomo.
Egli tremante, umile,
Senza panni, tra bruti, in mezzo al verno,
Per frenar coll’esempio il folle orgoglio,
In poca paglia vuol piantare il soglio.
Entra dunque Giuseppe, entra Maria,
Fa che al voler di Dio tu pronta sia.
[Maria]
Ti seguo ancella ubbidiente ognora,
Ma oh Dio! Scema Signore
I doni perché sia
Meno ingrata. Ogni alta lode
Del tuo merto è minore.
In Dio salvezza mia già brilla il core.
Perché tu d’una ancella avesti cura
Beata mi dirà l’età futura.
[Giuseppe]
Ecco il lieto momento
Tanto da padri e sospirato e piango.
[Arcangelo]
Già si serena il Cielo,
Si sciolgono le nevi e torna il prato
Di vaghi fiori a adornarsi il seno.
Già col lupo l’agnello
Scherzar si vede in semplicetta pace,
Ecco i segni avverati
Degli antichi Profeti. Umili intanto
Sciogliam le labbra in un divoto canto.
[Arcangelo]
Vieni pietoso Dio
Dal duro giogo ingrato
Il mondo a sollevar.
[Maria]
Esci dal seno mio
E vieni oh figlio amato
La madre a consolar.
[Giuseppe]
Deh vieni oh grande Iddio
La terra a rallegrar
Signor... [Maria] Figlio... [Arcangelo] Mio Dio...
[a 3]
La gloria a te si serba
Di liberar dall’onte
L’oppressa umanità.
[Maria]
Vieni oh figlio amato
[Arcangelo]
Vieni pietoso Dio
[Giuseppe]
Vieni oh grande Iddio
[a 3]
La madre a consolar / Il mondo a sollevar / La terra a rallegrar.
La gloria a te si serba
Di liberar dall’onte
L’oppressa umanità.
[Parte seconda]
[Maria]
Oh me felice appieno!
Del Paracleto l’opra è ormai compita,
Oh dolcessa, oh piacer soave e grato,
Io dalla gioia sento
Ricercarmi ogni fibra, e a poco a poco
In me così l’amore
Va crescendo che in sen non regge il core.
Fortunati mortali!
Nulla a temer vi resta.
Liberi alfin da servitude siete,
Il vostro Redentor ecco già nasce,
E vagisce per voi fra dure fasce.
Deh cessi ogni dolore, ogni amarezza,
D’Eva il pianto si cangi in allegrezza.
E quale in me trovasti
Merto oh Signore? Io mi confondo e sono
Oh Dio, smarrita a segno,
Che perdo nel pensar tutto l’ingegno.
[Maria]
La gioia, l’ardore
Che sento nel core
M’opprime, m’accende,
Mi toglie, mi rende
La calma del sen.
Sì amabile pena,
Tormento sì raro
M’è dolce, m’è caro
Ah troppo è la piena
Che inonda il mio sen.
[Arcangelo]
Esulta Bettelemme avventurosa
La vaga di Giacobbe inclita stella
Folgoreggiante è apparsa
Mira nel bel bambino,
Della Sepea radice
L’augusta verga, e il fiore
Sorger in alto e riposar su d’esso
Lo spirito di Dio.
Oh immensi, immensi arcani
Stupido e prono intanto
Meco adora oh mortal sotto uman velo
Il Principe di pace, il Re del Cielo.
[Arcangelo]
Mille cose in un momento
Divin Verbo io dir vorrei
Ma non posso, il labbro è lento
Dietro al corso del pensier.
Nel mirarmi, oh Dio, mi sento
Dalla gioia il core oppresso
Che una specie di tormento
È l’eccesso del piacer.
[Giuseppe]
Inarcate le ciglia
Popoli della terra or che vedete
Nudo chi veste il Cielo! In fasce avvolto
Degli eserciti il Re. Vagire infante
Chi terribile tuona e fulminante
Che più mirar degg’io? Chi può frenare
De’ vari affetti le improvise gare?
La pietade e ’l piacer mi desta insieme
Lacrime e gioia e questi miei sospiri
Non so se del gioire o della pena
Sian gemelli in quest’alma. Io posso appena
Aprir libero il varco a miei respiri.
Lo so, vorrebbe il core
Fuor del petto volar con moto strano
Ma và l’usate vie cercando invano.
[Giuseppe]
Vorrei che dal mio seno
Volando questo core
S’unisse al suo Fattor,
Così calmato almeno
Vedrei l’immenso ardore
Che mi consuma ognor.
[Maria]
Sposo angusto soggiorno
Per tanti affetti è il core, e in un momento
E godo e peno e giubilo e pavento.
[Giuseppe]
Chi più spiegar di tale amor l’eccesso!
Io mi confondo né ridir saprei
Qual mi sia, dove sono i sensi miei.
[Maria]
Qualunque oh sposo sii, qualunque io sono
Tutto è del Ciel non meritato dono.
[Maria]
Volgi il tuo sguardo oh caro
Al fanciullin divino
[Giuseppe]
Or sì che non più amaro
A me sembra il morir.
[Maria]
Nel pargoletto adoro
Il figlio, il mio Signor
[Giuseppe]
Nel tuo bambino onoro
Dell’orbe il Redentor.
[Maria]
Quanto gioisce il core
[Giuseppe]
Ardo per lui d’amore
[a 2]
Troppo è la gioia o sposo / Troppo è la gioia o sposa
Resister non si può.
Risorse online
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Cantate 289 (olim 20.5.24).1
Scheda a cura di Giulia Giovani