Scheda n. 4958

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1710-1750

Titolo

Speranza, Genio Maligno e Genio Celeste [titolo da cambiare]

Presentazione

Parte o set di parti

Legami a persone

compositore: Feo, Francesco (1691-1761)
possessore: Selvaggi, Gaspare (1763-1847)

Fa parte di

F. Feo. Cantatas. (n. 4924/35)

Pubblicazione

[S.l. : copia, 1710-1750]

Descrizione fisica

3 parti (S: c. 246-254; S2: c. 255-265; B: c. 266-274r) ; 210x275 mm

Filigrana

Non rilevata

Note

Probabilmente si tratta di un oratorio almeno a quattro voci: questo si ricava da tre caratteristiche del manoscritto: 1) l’impossibilità di ricostruire il testo dalle sole tre parti superstiti (relative ai personaggi di Speranza, Genio Celeste e Genio Maligno); 2) la presenza di custodes testuali (indicati tra parentesi tonde nelle trascrizioni dei testi) che si ritrovano in ognuna delle parti ma che spesso non hanno riscontro nelle altre; 3) le indicazioni "Fine della Prima Parte" nella parte di Speranza e "Il Fine Della Prima Parte // Poi siegue la seconda | Parte" nella parte del Genio Maligno. Vista l’impossibilità di una ricostruzione totale del testo dell’oratorio, i testi riportati nel relativo campo sono trascritti uno alla volta, mantenendo i custodes testuali tra parentesi, come nel manoscritto. Per lo stesso motivo non è possibile compilare il campo relativo alla descrizione analitica.

Titolo uniforme

Organico

2 soprani, basso e continuo

Repertori bibliografici

Trascrizione del testo poetico

Canto | Genio Celeste

Deh siegui i passi miei
Gran vittima d’Amor figlio di Fede

(Chi siete | oh Dio)

Celeste messaggier

(e la mia | tema è ve|ra)

Non temer: siegui i nostri passi e spera.

Apportator giocondo
De’ consigli divini,
A te m’invia dall’alte
Sfrere [sic: sfere] il Creator del mondo,
D’Europa afflitta a ristorar i danni
Ed iscovrir gl’inganni
Di chi le squarcia il sen,
Eletto sei
Né più temer tu dei
Se Iddio lo dice e se l’afferma Iddio,
Ed or lo svela a te per mezzo mio.
In guisa tal al genitor fedele
La stirpe sua multiplicata al pari
Delle stelle promise e delle arene,
Nel carcere profondo d’Istraello
Così rivolse al figlio
Un dì pietoso il ciglio,
E quali fosser poi gli effetti suoi
L’egizzio [sic] il dica e lo narrate or voi.

Non rimarrà deluso
Mai chi confida in Dio
Egl’il promise ed io
Or lo prometto a te.
Mancan le base ai monti
Mancan i raggi al sole
Ma nelle sue parole
Dio mancator non è.

(oh Dio)

Pensi

(non parli)

E a quel maligno credi
Insidioso parlar

(detti alteri)

Dunque temi ancor

(spero ma…)

Parla.

Ah la tua madre udiste pur? Almeno
Ti spronino i suoi detti,
Ti commuova il suo esempio,
Qual goder, qual gioir lieto ti renda
Ed ardir quel’ardire il cor t’accenda.

Sperar che al mondo rio
Vincerti non potrà
Rammenta la tua fe’
Se sei contento appieno
Lo chieggio or io da te.
Sovra le gemme all’oro
Più amabile ristoro
Di questo tuo non v’è.

Quel lavro augusto
Che di sue glorie
Tuo crine onusto
Circonderà
Il Ciel dal folgore
Difenderà.
E a’ lavri tuoi
Benigno puoi
Ogn’or più belli
Germi novelli
Accrescerà.

(col suo pen|siere)

Dunque

(Virtù Verace)

Sempre vieni sincera
L’ardir non è che nutre il saggio in petto.

A dunque i passi miei
Di seguir pensasti al fine?

(io son)

Son io
E a’ tuoi consigli infidi render voglio
Consiglio più fedel: da noi t’invola,
Men fasto ostenta e per crudel tua pena
Rammenta pur talora
Delle perdite tue la prima aurora,
Allor che sulle nubbi
Emulo al creator poggiar credesti
E sino al aquilone il vol stendesti.

(io gelo)

Nunzio del Ciel
Scorta fedele son io
E meco, ove più lice
Sempre sarai nel bel sentier felice.

La destra ti stendo
Non ama non crede
Chi speme perdé.
Che uniti in un core
Se vivono insieme
Ah più del timore
Ricetto non è.

Speranza

(figlio di Fede)

A noi deh volgi il piede invitto eroe

(Messaggier)

Speme son io
(a due | e la mia tema | è vera?)

Non temer: siegui i nostri passi e spera.

Tra neri nembi e procellosi orrori
Sicuro io resi a Pietro
L’abbattuto naviglio
Col mio consiglio,
Anch’a Tiranni in faccia
Spesso armai di valor l’alme più vili
Stancai l’altrui furore
Onde vinto restò il vincitore.

Per me tra più voraci
E più profondi abbissi [sic]
Dell’infido evite [?] o scampo reo
Vo’ il condottiero ebreo
Per me da rupi istesse
Limpide l’acque espresse
Onde restasse l’altrui sete estinta
Cadde Gerico vinta
E ‘l rapido Giordano, arrestando
I suoi veloci passi,
Mostrò il concavo sen tra sassi e sassi
Questi son frutti miei
E questi ancora quei portenti sono
Con cui la speme amica
Seppe premiar sempre i seguaci suoi
Per render fede all’empietade altrui.

Chi per compagna elegermi
Nel suo camin saprà
Vedrà per lui risplendere
Chiaro di notte il ciel.
Dalle tempeste nascere
La calma ancor vedrà
Sarà per lui più prospero
Il vento più infedel.

Che folle audacia.

Fine della Prima Parte

Ah mio fedel non t’avvilir, mi piace
Di timore ed ardire quel contrasto
Che in sen tu provi, al fine
Perditor lo vedrai
Il timor rimarrà fiero invecchiato,
Mio rivale è costui
Ma l’ira sua per me non ha possanza
Dove son mai non giunge a’ miei seguaci,
Sempre avverso si mostra
E nei loro petti
Ove pianta le sue lusinghe insane
Vincitrice sperò, vinto rimane
Invidia ognor le mie vittorie e quelle
Mentre tenta oscurar rende più belle.

Vivo fiore son nel core
Di chi spera e le mie cime
Mai non scuote non opprime
Ventre irato iniquo gel
Di sospiri ogn’or formata
Mi nutrisce un’aura amata
E di pianto mi feconda
Ogni foglia onda fedel.

(Col suo pensiero)

Dunque

(Or condanno | l’ardir)

Virtù verace

(sincera)

L’ardir non è chi nutre il saggio in petto

(pensasti al fine)

A dunque meco o Roma
Verrai

(sicuri vi rende)

Io son

(nel bel sentier felice)

Delle cose avvenir sostanza io sono
Sostegno della fede ed ornamento
Ditega [Dilegua ?] in un momento
Chi in sen m’accoglie
Ogn’aspro suo timore
Che affligge il sen, fan palpitare il core.

Ti fida di me:
Ravviva la fede
Chi spera con me
Non ama non crede
Chi speme perdé
L’amore e la speme
La speme e la fe’
Ah più del timore
Ricetto non è.

Genio Maligno

(il mio cor)

T’inganni assai e in che fidarti intorno
Stuol di spirti fallaci a Dio rubelli
Ti circondano a gara
Impara almeno a paventar impara

(l’amabil viso)

E sarà ver che in petto umano ascosa
Tanta superbia sia che al fin sostegno
Abbia a stimarsi del celeste regno?
T’inganni se lo speri
Volgi a più meritar i tuoi pensieri.

Se ricopre con manto sagace
Il tuo core i suoi falli l’amore
Più distinguer dal dritto e verace
Come speri il fallace sentier?
Quello scoglio che in mezzo al mare
Circondate dall’onde più chiare
Più delude l’incauto nocchier.

(pensi)

Non parli

(invidioso parlar)

E presti fede a quei suoi detti alteri

(temi ancor)

Dunque tu speri

(parla)

Ti spiega.

Il Fine Della Prima Parte // Poi siegue la seconda | Parte

(e poi sperai)

Come ardita consigli
E pur in volto d’empio timor chiaro
Vestiggio [sic] impresso ti vidi or or.

(sempre insieme)

Ah già fra le tue glorie
Abbagliando i felici oimè te n’ vai,
La tua tema approvai
Or condanno l’ardir

(il saggio | in Petto)

Diviso dal timor sempre è difetto
Temerario e del par ch’audace spera
Di chi non sa sperar speri il consento
Ma li sia d’alimento
Sempre un saggio timor
Che alla speranza unito poi diventi
Prudenza e non viltà, ritegno è questo
Che le più dubbie imprese
Certe e più caute rende
E più giusto valor ne’ petti accende.
Ah tolga il Ciel questo che volge in mente
Ambizioso pensier che il cor l’accese
Che l’affido che lo sedusse e al fine
Ne’ precipizij orrendi
Guidai seguaci suoi
Sperò Assalon ma poi
(Crudo fato) il meschin perì trafitto.

(di gran delirio)

E tu
Di mille enormi eccessi
Ancor non sei capace

(io d’amore)

Ma chi sei ti sovvien

(Già tu lo sei)

E credi i miei consigli

(perfidi figli)

E stimi il mio furore

(Per questo core)

Ma chi dall’odio mio
Chi sicuri vi rende

(Il vol stendesti)

Oh rimprovero amaro, oh mio rossore
Si partirò, ma il campo
Della battaglia intanto
A te giammai sappi non cederò:
Per vendicarmi
Sconvolgerò la terra e ‘l mar profondo
Crollar farò dalle radici il mondo.

Qual fiamma a forza oppressa
Se squarcia il chiuso velo
Fa pompa di se stessa
Empie di fumo il cielo
E fa con moti suoi
La terra palpitar.
Tal da profondi abbissi [sic]
Sempre farò ritorno
A spaventar il giorno
Le stelle a funestar.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

GB-Lbl - London - British Library
collocazione Add. MS 14148.35

Scheda a cura di Giacomo Sances
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