Scheda n. 4927

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1710-1750

Titolo

Cantata a voce sola

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Feo, Francesco (1691-1761)
possessore: Selvaggi, Gaspare (1763-1847)

Fa parte di

F. Feo. Cantatas. (n. 4924/4)

Pubblicazione

[S.l. : copia, 1710-1750]

Descrizione fisica

C. 49-53 ; 210x275

Filigrana

Non rilevata

Note

La fonte è incompleta, mancando un foglio tra carta 49 e 50. Questa cantata e quella contenuta nello stesso manoscritto con incipit "Son desto o pur trasogno" (Scheda Clori numero 4951) hanno la seconda e la terza parte identiche (parte seconda: recitativo "Oimè che veggio e miro" + aria "Qual da l’aura in alto spinta"; parte terza: recitativo "Ah Dio se tanto è vero" + aria "Solo in te sempre ne sia"). I due brani differiscono solo nella prima parte: la cantata in questione si apre con il recitativo "Ti lascio omai ti lascio" seguito dall’aria "Vo’ pianger tanto"; la cantata "Son desto o pur trasogno" si apre con il recitativo omonimo seguito dall’aria "Preme il vile, e preme il forte".

Titolo uniforme

Ti lascio omai ti lascio. Cantata spirituale

Organico

Contralto e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, fa maggiore, c)
Ti lascio omai ti lascio
2.1: Tempo giusto(aria, sol maggiore, 3/4)
Vo' pianger tanto [le alterazioni in armatura vengono modificate nel corso della sezione]
3.1: (recitativo, la maggiore, c)
Ojmè che veggio e miro
4.1: Spiritoso(aria, fa maggiore, 3/8)
Qual da l'aura in alto spinta
5.1: (recitativo, sol maggiore, c)
Ah Dio se tanto è vero
6.1: largo(aria, re maggiore, c)
Solo in te sempre ne sia

Trascrizione del testo poetico

Ti lascio omai ti lascio
Mondo fallace e rio,
Pien d’insidie e d’inganni,
Di fallaci lusinghe e vani oggetti,
Tu l’alma m’ingannasti
E dal caro Giesù la traviasti.
Or pentito a te vengo
Caro mio Redentore
E del commesso errore
Chiedo pietà perdono
E degli errori miei pentito io sono.

Vo’ pianger tanto
Caro mio Dio
Ch’il fallo mio
Trovi nel pianto
Da te pietà
Caro mio Dio [...]
Preme il vile e preme il forte
Della morte il gran poter
Non può forza o gran valore
Suo rigore sostener.
Vo’ pianger tanto...

Ohimè che veggio e miro!
Questa orribile testa
Fu al mondo e ’n lei fu viso
Ch’ebbe sua gloria e pregio:
Or vile e senza fregio
Giace per sempre oscura
Cibo di verme vile e sua pastura,
Dov’è il suo nome? O dove
Di quel che fu la sua memoria almeno?
Ahi ch’ogni cosa coprio il sol terreno.

Qual da l’aura in alto spinta
Piuma vil tosto sparì
Dalla vita essendo estinta
Ogni cosa in lei finì
Qual da l’aura in alto spinta...

Ah Dio, se tanto è vero
Ch’ogni cosa mondana
Col finir della vita
Ratto ne fugge e vola,
A te ne vengo umile:
Che sol mancar non puoi, non puoi morire.
E ’n te fondo la spene al mio desire.

Solo in te sempre ne sia
Lo sperar dell’alma mia
Caro Dio riposto ogn’or
Tu sei sol vita immortale
Contra cui giammai non vale
Morte o tempo o rio furor.
Solo in te sempre ne sia...

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

GB-Lbl - London - British Library
collocazione Add. MS 14148.4

Scheda a cura di Giacomo Sances
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