Scheda n. 2222

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica a stampa

Data

Data certa, 1702

Titolo

Vedesti amico? Invano a mezzo il verno

Presentazione

Parte o set di parti

Legami a persone

compositore: Albergati Capacelli, Pirro (1663-1735; conte)

Pubblicazione

Modena : Fortuniano Rosati Stampatore di Musica Ducale, 1702

Descrizione fisica

P. 81-95

Filigrana

Non rilevata

Note

Paginazione dalla parte di Cembalo.

Titolo uniforme

Vedesti amico? Invano a mezzo il verno. Cantata spirituale, Il ritorno dalla capanna

Organico

Contralto, tenore, 2 violini, 2 viole, violone, tiorba e cembalo

Repertori bibliografici

Gaspari 1893: vol. II, p. 335
RISM A I: A610

Bibliografia

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
Vedesti amico? Invano a mezzo il verno
2.1: Andante(aria, sol maggiore, c)
Vezzosette care aurette
3.1: (recitativo, c)
Ah che dunque io miro
4.1: Spiritoso(aria, do maggiore, c)
Di più bella e vaga luce
5.1: (recitativo, c)
Ma quel che mi sorprende
6.1: (aria, sol maggiore, 3/4)
Quel suo bello ch'incatena
7.1: (recitativo, c)
La morte ha dunque ardire
8.1: Affettuoso(aria, re maggiore, c)
Non seguirmi non guidarmi
9.1: (recitativo, c)
Deh le gioie presenti
10.1: Affettuoso(aria, re maggiore, c)
Non mi dare sì cruda ferita
11.1: (recitativo, c)
Gli è ver se un Dio possente
12.1: (aria, do maggiore, 12/8)
Quel mirar la somiglianza
13.1: (recitativo, c)
Di quegl'occhi divini
14.1: (aria, do maggiore, c)
Viste sue luci belle

Trascrizione del testo poetico

Vedesti amico? Invano a mezzo il verno
Io mi stupia de fiori
E de precorsi albori
Or la cagion vidd’io
Nacquero e giorno e primavera e Dio.

Vezzosette care aurette
Che nel prato i fior baciate
Deh volate nel bel sen del Dio bambin,
Poi veloci a me tornate
E portate a questo core
Un sol lampo suo divin.
Vezzosette care aurette
Che nel prato i fior baciate
Deh volate nel bel sen del Dio bambin.

Ah che dunque io miro
Parmi veder quel fortunato infante
Volgami al bosco, al rio, al colle, all’antro
Io l’ho per tutto avante
Così m’appar di fuore
Quel che porto scolpito ogn’or nel core.

Di più bella e vaga luce
Febo mai non si vestì,
Di quel Nume che risplende
E ne rende pien di gioia questo dì.
Di più bella e vaga luce
Febo mai non si vestì.

Ma quel che mi sorprende
Il gran Dio delle sfere
Posar le membra sue
In paglia vil fra l’asinello e il bue
Anzi perch’eli è Nume a cenci appresso
Mostra ch’egli è quel ch’è né cerca altronde
Punto di maestà chi l’ha in se stesso
A mostrar sua possanza intera e vasta
Così Fanciul solo a se stesso ei basta.

Quel suo bello ch’incatena
Lasso a dir ch’ha da morir
Già cominciò alla sua pena
Con quest’anima a languir.
Quel suo bello ch’incatena
Lasso a dir ch’ha da morir.

La morte ha dunque ardire
Fin chi nacque immortal di far morire?
Ma da ch’egli vestì l’umana sorte
Diè l’ami ancora onde ferirlo a morte.

Non seguirmi, non guidarmi
Rio pensiero in quell’orror
Basta bene ad agitarmi
Con sue furie il mio timor.
Non seguirmi non guidarmi
Rio pensiero in quell’orror.

Deh le gioie presenti
Siano soggette ad armonie giulive
Tener lunge i tormenti
Può se vuol da se stesso, intanto ei vive
Togli al volto le nubi ed a Fileno
Fa più caro il gioir col tuo sereno.

Non mi dare sì cruda ferita,
Non mi dire la sua dipartita;
La taci e la credo,
L’asconti e la vedo,
Col labbro l’ascondi
Ma il volto l’addita
Non mi dare sì cruda ferita,
Non mi dire la sua dipartita.

Gli è ver, se un Dio possente
L’umane spoglie assume
Fuori o dentro de’ Cieli è sempre un Nume,
E quell’esser divin che in lui s’infonde
Sotto il tenero viso invan s’asconde.

Quel mirar la somiglianza
Di colui che mi creò
È un mirar che poi s’avanza
Ad amar chi si mirò.

Di quegl’occhi divini
Su dunque i giri a celebrar ti chiamo
Cantiam Fileno a tutto cor cantiamo:

Viste sue luci belle
Direm stelle le luci e non le stelle.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Bc - Bologna - Museo internazionale e Biblioteca della musica
collocazione V.53.11

Scheda a cura di Giulia Giovani
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