Scheda n. 2038

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica a stampa

Data

Data certa, 1700

Titolo

Cantata decimaseconda / Bernardo Gaffi

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Gaffi, Tommaso Bernardo (1667-1744)
dedicatario: Ruspoli, Francesco Maria (1672-1731)
tipografo: Mascardi, Innocenzo
librario: Fioresi, Giuseppe

Pubblicazione

Roma : Mascardi, 1700

Descrizione fisica

1 partitura

Filigrana

Non rilevata

Note

La cantata è per Basso e basso continuo, ma contiene un’aria con parti per violino e violoncello che, secondo la premessa di Gaffi, possono essere suonate anche dal cembalo.

Titolo uniforme

Organico

Basso, violino, violoncello e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Descrizione analitica

1.1: Allegro(aria, fa maggiore, c)
Nò, che creder mai più non vi voglio
2.1: (recitativo, do maggiore, c)
Viddi all’esempio altrui, viddi à mio costo
3.1: Largo assai(aria, re minore, c)
Se di speme anche lontana
4.1: (recitativo, si♭ maggiore, c)
Ò quanti, ò quanti e non di fama oscura
5.1: Largo(aria, sol minore, 3/4)
Serene e belle
6.1: (recitativo-arioso, mi♭ maggiore, c)
Dell’ondoso elemento
7.1: (recitativo-arioso, do maggiore, c)
Detestava così l’industra

Trascrizione del testo poetico

Nò, che creder mai più non vi voglio,
Ò di Teti lusinghe argentate,
Con le Perle, che in seno aditate,
Voi chiamate
Il desio sempre agl’urti d’un scoglio.
Nò, che creder mai più non vi voglio.

Viddi all’esempio altrui, viddi à mio costo
Di quante occulte insidie,
Di quai fiere perfidie
Bersaglio si trovò povero legno,
Quando à i zaffiri del ceruleo Regno
Fidar sua sorte appena hebbe disposto.

Se di speme anche lontana
À incontrar un’aura vana
Vela mai l’ali spiegò.
Non sì tosto sciolse il volo,
Che di Noti e d’Euri un stuolo
À squarciarla si destò.

Ò quanti, ò quanti e non di fama oscura
Ben di valore, ed arte
Celebri Palinuri
Avvezzi à fronteggiare
Con grave sopraciglio
Contr’ogni più terribile periglio,
Ch’unque osasser destare
Astri, e venti perversi,
Ove hà furie maggiori Oceano infido,
Miseri sventurati,
Mentre riedon scampati
Da mill’altre procelle, ecco sommersi
Si restano in faccia
Al Porto ò accanto al lido.

Serene e belle
Ridan le stelle,
Placide spirino
L’aure e si mirino
L’onde tranquille,
Son vaghe immagini,
Che l’alme esortano,
Ma seco portano
Sirti e voragini,
Caridi e Scille.

Dell’ondoso elemento
L’umor, che si offre à un anelante petto,
È limpido all’aspetto, al gusto è salso,
Sembra stemprato argento e tutto è falso.

Detestava così l’industra,
La fatica, le vigilie e gli stenti,
Che sparse all’onde à i venti
Un che solcando il mar sempre nemica
À voti suoi sperimento la sorte,
Ma chi de suoi lamenti al senso attese,
Ben si accorse, e comprese,
Ch’il mar di cui doleasi era la Corte.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Bc - Bologna - Museo internazionale e Biblioteca della musica
collocazione EE.244.12

Scheda a cura di Berthold Over
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