Scheda n. 1656

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1730-1760

Titolo

Languia Filen trafitto

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Caproli, Carlo (1614-1668)
autore del testo per musica: Baldini, Sebastiano (1615-1685)

Fa parte di

Redazione

[S.l. : copia, 1730-1760]

Descrizione fisica

C. 107-118v

Filigrana

Non rilevata

Note

In altre fonti questa cantata è attribuita erroneamente a Giacomo Carissimi e a Luigi Rossi

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo-arioso, mi minore, c)
S, Languia Filen trafitto
%C-1@c 4-8-'E4xF6-6FFG/4EE-8-G/4.A6A
2.1: (recitativo-arioso, mi minore, c)
Ahi qual furor di torbido pianeta
3.1: (recitativo-arioso, c)
Ma se taccio le pene
4.1: (recitativo-arioso, c)
Io ardo e l'ardor mio
5.1: (aria, 3)
Un amante felice sarà
5.2: (aria, 3)
Ma palesi la sua servitù
5.3: (aria, 3)
Hor s'a FIlli ch'il cor mi ferì
6.1: (recitativo, c)
Sì disse e d'ogni intorno
7.1: (aria cavata, 3/2)
E pe'l sentiero che ritrovò
8.1: (aria, 3/2)
Che gioia l'amare senza conforto
8.2: (aria, c)
che giova languire per vago sembiante
9.1: (aria cavata, c-3/2)
Chi ferito d'amor brama mercede

Trascrizione del testo poetico

Languia Filen trafitto
Doleasi incatenato
Su la fronte havea scritto
Io vivo innamorato
Da due luci amorose
Volò lo stral che lo colpì nel core
Con due treccie vezzose
Fabbricò le catene industre Amore
Ma non poté giammai la lingua ardita
A scoprir le catene e la ferita
Tanto tempo impetrar che a Filli amante
Solo potesse dire io sono amante.
Onde nel fosco
D’antico bosco
Trattasi un dì
Delle sventure sue pianse così:

Ahi qual furor di torbido pianeta
Là per gli eterei campi
Fulgoreggiò su la dolente cuna
No non fia ch’io scampi
L’aspro rigor dela natia fortuna
Spero invano trovar chi mi console
Altri affligge una stella e me due soli.

Vuole il mio fato
Che innamorato
Di Filli io viva
Ma che descriva
L’interno affanno
Fatto tiranno
Non me l’concede
Indi si vede
Strano portento
Io non posso ridire il mio tormento.

Ma se taccio le pene
All’idolo crudel che m’innamora
Sulle latine arene
Pure avverrà che disperato io mora
Che nelle vie dell’amoroso corso
Chi non grida pietà non è soccorso.

Io ardo e l’ardor mio
Si prende a gioco il faretrato Arciero
Che cangiando pensiero
Vuol ch’io mi strugga e che nasconda il foco
E che speme da Filli haver presumo
Stella di tanto ardor non vede il fumo?

Un amante felice sarà
Benché adori una donna crudele
Ad un alma costante fedele
Sempre cruda non è la beltà.
Ma palesi la sua servitù
Chi pretende adorando mercè
Bella donna indovina non è
E di linee non ha la virtù
Hor s’à Filli ch’il cor mi ferì
Non discopro lo stral che aumentò
Cieco Amor s’avvicina quel dì
Ch’infelice di duol morirò.

Si disse e d’ogni intorno
Sorgevan l’ombre che la notte adduce
E con pallida luce
Già nell’estremo mar cadeva il giorno
Doppo breve dimora
Uscì Filen dal bosco
Movendo il piè verso il paterno tetto

E pel sentiero
Che ritrovò
Col suo pensiero
Così parlò:

Che gioia l’amare
Senza conforto
Il duol che sopporto
non posso narrare.
Che gioia languire
Per vago sembiante
Se misero amante
Nol posso ridire.

Chi ferito d’amor brama mercede
Se non dice il suo mal non trova fede.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-MAC - Macerata - Biblioteca Comunale
collocazione MSS.MUS.113.43.12

Scheda a cura di Chiara Tiboni
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