Scheda n. 13268

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1710-1740

Titolo

Cantata a voce sola dell’Ecc.mo / Sig.r Benedetto Marcelli nobile / veneto

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Marcello, Benedetto Giacomo (1686-1739)

Fa parte di

Redazione

[s.l., copia]

Descrizione fisica

C. 40-47v (olim 1-8v)

Filigrana

Non rilevata

Note

a p. 47 indicato in basso a destra "P 8".

In altra fonte la cantata è attribuita ad Astorga, cfr. bibliografia

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Bibliografia

Bizzarini 2003: pp. 310-311
Ladd 1982: n. 155, p. 296

Descrizione analitica

1.1: (recitativo , fa maggiore, C)
S, Quella Fileno quella che un tempo esser volea
2.1: largo(aria, mi♭ maggiore, C)
S, Tu non sei ch'un fier tiranno
3.1: (recitativo, fa maggiore, C)
S, Voi dell'anima mia miseri affetti
4.1: Largo(aria, fa maggiore, 12/8)
S, Almen quando si perde un posseduto bene

Trascrizione del testo poetico

Quella Fileno? quella,
Ch’un tempo esser solea
Il tuo cor, la tua speme, e la tua vita,
Quella a te sì gradita,
Quella una volta a te si cara, oh Dio?
Quella Fileno sì, quella son’io.
Ma poiché tu potesti
Non so se per tua colpa o per mio fato
Tradirmi, abbandonarmi
A te non par ch’io sia
Più quella tua fedel, quella tua cara.
Ma ti dirò crudele,
Che poi, che mi lasciasti empio e rubello,
Per mio onor, per tue scorno
Son quella ancor se tu non sei più quello.

Tu non sei, ch’un fier tiranno
Ch’innocente un cor tradì.
Io son quella ahi crudo affanno,
Che t’amai quando eri fido,
E se ben ti mostri infido
Pur t’adoro ancor così.

Voi dell’anima mia miseri affetti
Lusingati e traditi
Deh per pietà ridite
Quante volte il crudel giurò costanza
Ahi dura rimembranza
Delle dolci promesse
Ahi dolenti memorie
Del passato piacer quant’è più grave
Provar l’infedeltà doppo la fede
Ch’il fier rigor d’una natia fierezza
Quest’è il crudo pensiero,
Che sempre mi tormenta e mi flagella,
E pur sono ancor quella,
Son quella sì son quella
Che se ben mi tradisti,
Se ben io ti perdei t’amo pur anco,
Ma tu s’amar non puoi
Colei ch’era il piacer degli occhi tuoi
Intendi per pietade, intendi oh Dio?
quanto sia dura pena
Il perdere quel ben che fu già mio.

Almen quando si perde
Un posseduto bene,
Partisse ancor di lui la rimembranza.
Ma il rimirar oh’ Dio?
D’altrui quel ch’era mio
Quest’è dolor ch’ogn’altro duolo avanza.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Nc - Napoli - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "San Pietro a Majella"
collocazione 33.3.30 (olim Cantate 30)/7

Scheda a cura di Antonia Francesca Preziosa
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