Scheda n. 13167

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1650-1700

Titolo

Qual nell’antro d’Averno

Presentazione

Partitura

Fa parte di

Cantate e ariette (n. 13156/11)

Descrizione fisica

1 partitura (c. 60r-63v)

Filigrana

Note

Titolo dall'incipit testuale. Capolettera ornato.

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1: (recitativo, C)
Qual nell’antro d’Averno
2.1: (aria strofica, la minore, 3/2)
Disciolta da lacci
2.2: (aria strofica, la minore, 3/2)
D’un occhio mentito
2.3: (aria strofica, la minore, 3/2)
Non fia che mi colga

Trascrizione del testo poetico

Qual nell’antro d’Averno
L’arrabbiato custode
Il cantrifauce degrignando
Furioso all’arrivo dell’ombre
I famellici denti apre e dissolve,
Qual a fronte d’Alcide,
Dalla greca Pallade,
Erse tumido il col ardita l’Idra
E qual da foschi horrori
Scatenata ed altera
Tutta serpi e velen esce ellegera,
Tale a te mi rivolgo
Io che non posso più soffrir tue frodi
E tal ti rappresento
Questo core tradito
Che non più paradiso di tue gioie
Ma diverrà a tuoi danni
Se non inferno almeno
Idra, Cane, Pluton, Furia e veleno
E chi t’insegna ingrato
Schernir chi t’adorò con tanti oltraggi
E con vezzi buggiardi
Quasi a schiva infelice
Farmi de torti tuoi longhe catene.
Questi sono gl’honori
Che meritar dicevi
D’un animo costante i fidi amori,
Sacrilegio infedele,
Se già col dirmi pietra
Alzasti i gridi all’etra
Hora, qual pietra a punto,
Lo stral rimandò a te che già m’ha punto,
Pietra sarò che cruda
Tue arti infrangerà
E tue lusinghe in polve ridurà
Cui colpi fieri d’amor
Sempre costante tua nemica sarò
Se fui tua amante tua nemica sarò.

Disciolta da lacci
Che scaltro et infido
Mi tese cupido
Spedita men vo.
Non seguo più l’insegna d’Amore
Già levo dal core
La strana follia
D’altro sin hora fui, hor sarò mia.

D’un occhio mentito
Ch’un sguardo homicida
Mi struga, m’uccida, non soffrirò più.
Se incauto già fu il cor nella rete
Hor sciolto il vedrete
Da simili impaci
Stimar frode l’Amor, veleno i bacci.

Non fia che mi colga
La quiete, il riposo,
Un vezzo amoroso
Che l’alma sognò.
Se libera vo,
Se levo ostinata
L’imagine ingrata
Dal core ch’è mio
Dunque resta crudel, a Dio.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Vc - Venezia - Biblioteca del Conservatorio Statale di Musica "B. Marcello"
fondo Correr
collocazione Busta 1.12/11

Scheda a cura di Ivano Bettin
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