Scheda n. 13107

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo manoscritto

Data

Data incerta, 1688-1692

Titolo

Scherza meco il destino

Presentazione

Non applicabile

Legami a persone

autore del testo per musica: Paglia Francesco Maria

Redazione

Copia

Descrizione fisica

C. 70v-72v

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Scherza meco il destino. Forma non specificata

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Scherza meco il destino
E vuole o Clori amata
Sulle spoglie innocenti
Che ti cingono il seno
L’armi vantar dell’alma mia piagata;
Quegli aculei pungenti,
Che prefiggono al manto e moto e legge
Mi feriscon la mano,
Mentre mi dice Amore
Ch’è maggior la ferita impressa al core.

Non più non più punture
Dolce mio car ben;
Ti bastino pur quelle
Che armate di sventure
Già fecero le stelle
Nel misero mio sen.
2.a
Non più ferite
Lampi del ciel d’amor:
Vi basti pur quel dardo
Con cui voi mi punite
Vibrato dallo sguardo
Sul povero mio cor.

Dopo che incenerita
Vive l’anima mia
Olocausto immortal del tuo bel foco
Godi ancor che ferita
Resti la man del caso
Acciò il mondo conosca
Né si stupisca poi della mia fede
Che senza le faville
Armi delle pupille
Anche a caso ferisci un che si vede.

Ma fra tanto
Con quel sangue che sparge la mano
Servi o cruda la pena del cor.
Né fia strano
Se il sangue ed il pianto
Son gli inchiostri del nume d’amor.
2.a
Tu la penna
Ruba all’ali del cieco volante
Con cui scrive il destino per me:
L’alma amante
Già il foglio t’accenna
Nel candore di tenera fé.

Quando un nastro mi doni
Per raffrenar del sangue
La libertà vermiglia
Non è pietà ma tema
Che il faretrato Dio
Non ti faccia arrossir col sangue mio:
Anzi perché non giunga
L’impeto acceso a scaturir dal laccio,
E la cagion palesi
Del mal che m’addolora
Tu vuoi che sia vermiglio il laccio ancora.

Tutto sangue e tutto foco
È il color dei lacci tuoi
Mia tiranna Deità;
Perché vuoi
Ne tuoi lacci ancor per gioco
Dimostrar la crudeltà.

No che non è pietade
Darmi un laccio alla mano
Quando è legato il core;
Ma d’accrescer tu godi
Punture alle ferite e lacci ai nodi.
2.a
Clori mia, mio ben, mia vita
M’impiagasti e non m’uccidi
Perché duri il mio penar:
E poi ridi
Di veder sulla ferita
Anco il sangue imprigionar.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

V-CVbav - Città del Vaticano - Biblioteca Apostolica Vaticana
fondo Vat. lat.
collocazione 10204.55

Scheda a cura di Teresa Gialdroni
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