Scheda n. 7007

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1630-1660

Titolo

S.r Giovani Marciano / Ohimè che veggio

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Marciani, Giovanni (1605c-1663c)

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia, 1650-1680]

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, la minore, c)
Ohimè che veggio
2.1: (aria, c)
Senz'avampar di sdegno
3.1: (recitativo, c)
Un tuo servo fedel anciso a torto
4.1: (recitativo-arioso, c)
Versi dunque deh
5.1: (aria, c)
Ceda il senso a la mente

Trascrizione del testo poetico

Ohimè che veggio ohimè dunque l’Aurora
De le dolcezze mie de le mie gioie
Per me serena infida
Per me furia d’Averno
Mostro d’infedeltà nido d’inganni
Hor mi si cangia in Hespero d’affanni
Scorgerò dunque, ah lasso
Arida sul fiorir la speme mia
Dunque scorgendo il mele
Beverò sfortunato
Amarissimo assenzio empio veleno
Dunque mentre gioisce
L’udito al suon de’ lusinghieri detti
Vedrà l’occhio dolente
Assassinato il core
Violata la fede offeso Amore
Dunque tu che giurasti
D’esser nel amor mio fermo e costante
Hora d’instabil onda
Per cui Tantalo io son ben ch’innocente
Prendi Proteo infernal prendi il sembiante
E mentre ahi scoppio a dirlo
E mentre di desir mi struggo e sfaccio
Mi lascio cruda e corri ad altri in braccio
O cor dishumanato
Alma di Tigre hircana
Questa dunque darai
Mercede al mio servire
Balsamo a le mie piaghe esca al mio foco
Così mi corrispondi
Così mi rendi per fede i tradimenti
Per lunga servitù pene e tormenti
Amor se giusto sei
Come scorgi e rimiri.

Senz’avampar di sdegno
Senz’armar furibondo
La possente man contro la rea
La perfida l’audace
La temeraria sempr’a te rubella
Un tuo servo fedel anciso a torto
Un tuo servo fedel sommerso in porto
Deh non soffrir che resti
Invendicata mai sì grave offesa
Non far che dir [si] possa
Ch’un Nume alto e sovrano
Al cui poter soggiace
Al cui scettro obbedisce il mondo e il Cielo
Si mostri agl’empi dolce a i fidi avaro.

Versi dunque deh versi
Sovra l’infido core
Il tuo giusto rigore
Nembi di strali e fia sempre l’ingrata
Gia che non cura Amor da tutti odiata
O Sole o Cielo o Stelle
Vestitevi per lei di nero ammanto
Negate a questa iniqua
Che giusto è ben poiché tradisce i cori
Del vostr’amato Lume i bei tesori
Disserratevi abissi
Inghiottite pur hor nel cupo centro
Questa crudel de nostri alberghi degna
Questa fallace e ria
Fra spoglie humane mascherata Arpia
Ma ohimè che per me scorgo
Cieco Amor sordo il Ciel chiuso l’inferno
Anzi mentre m’assale
L’acerbissimo duol che l’alma ancide
Gode la fiera e del mio mal si ride
Misero che farò
S’ingiustamente e deluso e tradito
Giustizia non ritrovo ovunque io gridi
Ahi morrò disperato
In grembo a i miei martiri in grembo a i pianti
Ma folle hor che vaneggio
Che parlo ebro di doglia
Dunque per cui non merta
Fuor che supplizio e morte
Lagrimante morrò non fia mai vero

Ceda il senso a la mente
E viva ancora ad onta
Di colei l’alma fedele
Rompa l’arbitrio homai
Con generoso ardir lacci e catene
Le lagrime già sparse
Estinguano del cor le fiamme indegne
Il vento de’ sospiri
Le ceneri pur’hor scuota e disperda
Così purgato il core
Fugga l’iniqua il piede
L’occhio l’empia abborrisca e strugga intanto
Il sofferto dolor sicura speme
Di riveder un giorno
Pianger la traditrice ancor tradita
E per me sospirar d’altri schernita.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

US-Eu - Evanston (IL) - Northwestern University, Library
collocazione Mss. 1.9

Scheda a cura di Irene Maria Caraba
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