Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Fa parte di
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Note
La cantata era parte della collezione di Giuseppe Sigismondo, acquisita dalla biblioteca del Conservatorio nel 1827; una cartulazione errata è barrata e sostituita da una a matita; una cartulazione più antica (9-12) è presente; a carta 88r attribuzione del testo poetico "Borrelli verba misit".
Titolo uniforme
Organico
Repertori bibliografici
Descrizione analitica
Or che lungi son io dal mio bel foco
Un tormento così fiero
Mie luci sventurate
Ite ad Irene
Trascrizione del testo poetico
Hor che lungi son io dal mio bel foco
Sento più ardor che quando gl’era appresso,
Ah mentre a me concesso
Fu l’ardor de begl’occhi aver presente
L’aura soave e spesso
Delle dolci parola era il ristoro
Alla mia fiamma ardente.
Ma poi che ella è partita
Il solo ardor, non il ristor mi giunge,
Che il mal io provo ed il rimedio è lunge.
Un tormento così fiero
Dimmi tu ben dato arciero
Quando mai finir dovrà.
Ah che morte sol m’avanza
Se in sì cruda lontananza
L’alma mia viver non sa.
Mie luci sventurate,
Se a veder non giungete
La lontana beltade
Per cui forte piangete
Fate cader le lacrime dolenti
Su queste acque correnti
Che almeno andranno a lei prima che al mare.
Sia pronto il lagrimare
Ove il vedere è tardo
E giunga il pianto ove non giunge il guardo.
Ite ad Irene
Lagrime amare,
Che per pietade
Delle mie pene
Forse verrà.
Ditele all’ora
Che al rimirare
Sue luci amante
Quest’alma allora
Lieta vivrà.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Cantate 261 (=34.5.10).16
Scheda a cura di Giulia Giovani