Scheda n. 10743

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, tra il 1660 e il 1690

Titolo

Lungi, lungi da me fuggite a volo

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Carissimi, Giacomo (1605-1674)
autore del testo per musica: Teodoli (conte)

Redazione

[Roma], copia, seconda metà del 17° secolo

Descrizione fisica

C. 93r-104v

Note

Capolettera ornato. Titolo dall'incipit testuale. Nell'indice a carta 4v: Lungi lungi da me [Musica] Del Sig.re Iacomo Caris.mi [Poesia] Del sig.r Conte Teodoli.

Titolo uniforme

Lungi lungi da me fuggite a volo. Cantata, Penosa rimembranza di gioie perdute

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

URFM: Penosa rimembranza di gioie perdute. Lungi, lungi da me fuggite a volo
Rose 1965: p. 185, n. 89

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, C)
Lungi, lungi da me fuggite a volo
2.1: (aria strofica, re minore, 6/8)
Fuggite, fuggite
2.2: (aria strofica, re minore, 6/8)
Cessate, cessate
2.3: (aria strofica, re minore, 6/8)
Correte, correte

Trascrizione del testo poetico

Lungi, lungi da me fuggite a volo,
Memorie sventurate,
Quanto più pretendete
Ristorar del mio cor l’acerbo duolo
Tanto più l’accrescete.
Son le gioie perdute,
I perduti contenti
Rimembranze amarissime e dolenti,
Rimembranze che lasso
Mi divorano l’alma,
Mi distruggono il cor cotanto è fiero
Del già goduto ben solo un pensiero.

Amai, che dico, amai
Pur anco adoro una beltà superba
Che di vaghezza estrema
Su'l Tebro inalza gloriosa palma,
Felicissimo amante
Dopo lungo servir lunghi dolori
Sovra l’ali di fe’ costante e pura
Giunsi a godere altissima figura,
Hoggi misero esempio
De' più sprezzati et amorosi ardori
Nel porto della gioia
Convien che lasso io moia
E nel mar del mio duol resti il cor mio
Sommerso, ohimé, senza mia colpa, o Dio.

Così va chi si crede
Tener la sorte incatenata e stretta
Se più fugace ha il piede
Che d’arco sciolta rapida saetta
Io che folle sperai
Stabile il mio contento
Caduto alfin mi veggio
In abisso di duol d’aspro tormento,
Dal Ciel dall’aure stelle
Tra l’anime rubelle
Nell’inferno d’amor langue il cor mio
Sommerso, ohimé, senza mia colpa, o Dio.

Dite s’udiste mai,
Dite s’udiste, amanti,
Più strana e fiera sorte
Che nel mar del piacer guizza la morte
Sotto forme sì care e bei sembianti
Mascherato sen vada hoggi il dolore
Poi che per me dolente
Di cieco sdegno e cieco Padre Amore
Non più, non più presuma
Ravvivarsi al mio sen speme di pace,
L’alma bench’innocente
incenerischi e pera
in grembo a’ la sua fiamma aspra e vorace.

Non più bramo la vita
Poiché mia fe’ schernita
Poich’è fatto ogn’eccesso
D’amor di servitù danno a me stesso
Non più l’anima amante
Sparga fervidi prieghi
Adorando una tigre in volto humano,
Una furia d’Averno, un duro scoglio
Seggio di vanità, scola d’orgoglio.

E s’armato il pensier torbido e insano
De' passati diletti
M’appresenta le forme e i vari aspetti,
Non fia ch’il sen m’infesta
Con nuova speme e lusinghiero assalto
Che già fatto è di smalto
Benché nel pianto suo giaccia il cor mio
Sommerso, ohimé, senza mia colpa, o Dio.

Fuggite, fuggite,
Pensieri guerrieri,
Ch’invano assalite
Con armi di pace
Quel cor che si sface
Tra pene infinite.

Cessate, cessate,
Rubelle mie stelle,
D’alzarmi spietate
A speme gradita
Che morte è la vita
Dell’alme sprezzate.

Correte, correte,
Potenti tormenti,
Ferite, uccidete
La speme e la brama
D’un cor che tropp’ama
Due stelle comete.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Bc - Bologna - Museo internazionale e Biblioteca della musica
collocazione V.289.8

Scheda a cura di Ivano Bettin
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