Scheda n. 10142

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica manoscritto

Data

Data incerta, tra il 1700 e il 1710

Titolo

Sofonisba

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Baldovini, Francesco (1634-1716)

Fa parte di

Baldovini Poesie MSS. (n. 10064/78)

Redazione

[S.l. : copia, 1701-1710]

Descrizione fisica

C. 187v-189v

Filigrana

Non rilevata

Note

Già presente alle cc. 83r-85r.

Titolo uniforme

Ode il fatal consiglio. Forma non specificata, Sofonisba

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Ode il fatal consiglio,
Mira il tosco mortale
Che a lei presenta il suo novel consorte,
E in sciagure sì rie l’animo forte
Non obblia Sofonisba, o cangia il ciglio
Anzi intrepidamente
Stesa al crudo liquor la destra ardita,
Dell’amara sua vita
Che di più prolungar sdegna, et aborre
Con questi accenti il duro fin precorre:
«Ecco oh fati severi
Sazio il vostro furore. Ecco abbattuta
E d’impero, e di vita ogni speranza.
Gite superbi, e alteri
Che sia vostro voler la mia caduta
Ma non vostro trofeo la mia costanza.
Di questa ho il sen munito
D’inclito caso ai perigliosi eventi,
Per lei d’astri inclementi
Non vacillo al rigor, non cedo all’ire;
Che non teme il destin chi sa morire.

Di beltà dono pregiato
Sorte infida a me porgesti
E il mio piede un dì scorgesti
A calcar soglio gemmato.
Or fuggito il tuo sereno
Cangi in pena ogni dolcezza
E con nuova empia fierezza
Al mio labbro offri il veleno.

Ma vibra pur se sai
Quante hai teco a mio danno armi, e saette.
Vilipese, e neglette
Sempre l’ingiurie tue da me vedrai;
Né languirà giammai
In quest’alma real l’usato ardire;
Che non teme il destin chi sa morire.
Succhi infausti, e letali
Voi gli spirti opprimendo in breve istante
Chiuderete i miei lumi in ferreo sonno.
Ma che? Lieta, e sprezzante
La morte incontrerò. Gli estremi mali
Produrre ombra di tema in me non ponno.
E chi questi m’invia
De’ miei nuovi imenei funesti frutti
In rammentarmi i pregi
Del paterno valor troppo altamente
I vanti miei, la mia fermezza offende;
Perché in simil vicende
Dee ridursi alla mente
Che quella io son, che dal latino sdegno
Mirai con cuore invitto
Debellato il mio regno
Lo sposo avvinto, il genitor sconfitto:
Che su le regie soglie
D’uccidermi il pregai, pria che lasciarmi
Preda infelice alla superbia ostile:
Che al fin quella son io, che sempre accolse
In femminil sembianza alma virile.
Sparga ben egli il volto
D’un eterno rossor, mentre soffrendo
Che l’istesso volere a lui sia tolto
Da comando protervo,
Rege di nome è sol, d’arbitrio è servo.
Tal non fia, che mi scorga
Roma, e il mondo giammai. Nacqui agl’Imperi
Non a vil servitù. Se il Cielo avverso
Gode influirmi sol danni, e sventure
Fine a tante sciagure
Imponga il fin del viver mio. Mi tolga
A gli oltraggi la morte, al carro il rogo,
La tomba al Campidoglio, e in onta, e scherno
Di chi mi vuol d’aspre catene onusta
Pria che laccio servile il piè mi avvolga
Dal suo nodo vital l’alma si sciolga».
Beve in ciò dir l’atro veleno, e al suolo
Con magnanimo ardir cadendo estinta,
Vince il destin, quando da lui par vinta.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Fr - Firenze - Biblioteca Riccardiana
collocazione 2474.78

Scheda a cura di Giulia Giovani e Ivano Bettin
Ultima modifica: