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Redazione
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Descrizione analitica
Vedeste di quel colle alle pendici
Quel volto è severo
Ma già di Cintia il nume
Se la sorte propizia mi dà
Già il pastorel s’avvia
Trascrizione del testo poetico
Vedeste di quel colle alle pendici
O in questo ameno prato
Care ninfe e pastori
La vaga e gentil Clori!
Per usato costume
Pria che spuntino in cielo
I mattutini albori
Lascia le piume e scende a coglier fiori
O fortunati voi, voi che godete
Placida quiete in braccio
Ad amoroso laccio
Io son quell’infelice e sventurato
Ch’una beltà senza pietade adoro
Ardo in continue pene e mai non moro.
Quel volto è severo
Ma è pur lusinghiero
Quel sdegno è disprezzo
A un’aria di vezzo
Gentil e brillante
Che fermo e costante
Mi vuole in amar.
Quel guardo ch’è un dardo
D’amore saetta
M’alletta m’impiaga
Fa cara la piaga
Amara è la doglia
Ma invoglia a penar.
Ma già di Cintia il nume
Spande il chiaro suo lume
E co’ gli’aurei splendori
Illustra delle selve i foschi orrori
Già salgo all’erto colle
E pien d’acerbo duolo
Ad incontrar l’amata ninfa io volo.
Se la sorte propizia mi dà
Ch’io rivegga l’amato mio bene
Ancor tra le pene
Il mio ciglio si mostri sereno
Per chiedergli almeno
O morte o pietà.
Ma se fiero crudele ostinato
Mi contrasta avverso il mio fato
Spenta la vita
Da un’aspra ferita
Un’eco flebile
In tuono orribile
risuonerà.
Già il pastorel s’avvia
Rapido all’erta cima
Disperato a tentar sua estrema sorte
Vittima dell’amore o della morte.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione 15164.18
Scheda a cura di Maria Grazia De Michele