Scheda n. 8608

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

La S. Agnese drama per musica. III atto.

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte seconda, pp. 77-82

Filigrana

Non rilevata

Note

Il libretto è trascritto anche nelle schede nn. 7628, 7502, 7982 e 8083.

Titolo uniforme

S'armi pur di sdegno e d'ira. Forma non specificata

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

SCENA SETTIMA
Teodoro, Livia, Valerio, Flavio,
Emerentiana, Prefetto

Teodoro, Livia, Emerentiana:
S’armi pur di sdegno e d’ira
Fiera morte, aspro tormento:
Chi fedele al Ciel si gira,
Nei martir sempr’è contento,
Sia barbaro il mondo
Di pene fecondo;
Io no, non mi querelo:
A prezzo di dolor si compra il Cielo.

Teodoro: Quell’intrepida voglia,
Quel generoso ardire,
Che spigne Agnese ad incontrar le pene,
Fa sì lieto e gioioso il mio desire,

Ch’io cangerei contento
Con la mia libertà le sue catene.

Livia: In sì fiero tormento,
Contra i colpi di morte
Chi mai creduto avria
In sì tenere membra alma sì forte?

Teodoro: Tutto è dono, consorte,
Di quel celeste sposo,
Ch’in uman velo ascoso
Per far dolci e soavi ai servi suoi
I tormenti e gli affanni;
Non curando i suoi danni
Sceso dal Ciel volle morir per noi.

Livia: Benedico il suo nome.

Valerio: Non sia più, chi mi dica,
Che donna forte oggi si cerca invano,
Veduto han gli occhi miei
Verginella pudica
Contra furore insano
D’un rio tiranno trionfar festosa.
Che non può, che non osa
In virtù del suo Cristo alma fedele?

Teodoro: Qual di stupore, amico,
Nova cagion dentro il tuo cor s’accoglie?

Valerio: Non più, non più querele
Genitor beati:
I sospiri, le doglie
Fuggano pur dal vostro petto a volo.
È sparito ogni duolo,
È sparito ogn’affanno, ogni tormento.
Vittoriosa Agnese
Sciolta dal mortal velo
Su carro trionfante al Cielo ascese.
Stupì natura istessa,
Che fanciulla innocente
Non atta ancora a sostener le pene,
Di nobil foco ardente
In mezo a le catene
Anelasse a la gloria,
Matura a la vittoria.

Livia: Signor tutta è tua gloria.
Ma non tacer ti prego
D’una morte sì bella a noi l’istoria.

Flavio: Non sia tua lingua avara;
Ancor a Flavio sia cara.

Emerenziana: E dove amici, dove
Lasciate Emerentiana
A sì felice nove?

Prefetto: Ma pur qua trasse il grido
De la morte d’Agnese e genuflesso
Io di Cristo seguace
Depongo i fasci e la sua fè confesso.

Valerio: Superati gl’incendj
De la fiamma crudel, ch’Aspasio accese
Per debellar la fede
De la vergine Agnese;
Quando in quel sen di fera
Doveasi a la pietade aprir le porte;
Sotto rigido ferro
Con sentenza severa
Fu l’infelice condennata a morte.
Alma non fu sì rea,
Che dolorosa afflitta
Non palesasse altrui sensi di duolo;
Sol la Vergine invitta
Nel commune dolor seco ridea
E lieto a l’improviso
Con spettacol giocondo
Par, che tutto s’empisse il Ciel di riso;
Solo perché vedea
A la bella guerriera
Apprestar’i trionfi il Paradiso.
Al repentino avviso
La Vergin pellegrina
Alza le luci al Cielo
E genuflessa a terra a Dio s’inchina.
Girar viddesi allora
Al suo bel crine intorno,
Raggio sì luminoso e così puro
C’avresti detto; Io giuro,
Dal bel vel volto d’Agnese è nato il giorno.
Con generoso ardire
La Vergine fedele
Non curando il morire
Contra il suo percussor diè questa voce.
A che tardi crudele?
Voli il ferro veloce
A trapassarmi il seno:
Cada pur venga meno:
No no già non mi doglio,
È reo di morte e mora:
Piacque, dov’io non voglio.
Stupì, tremò quel fero
Al suon di questi accenti
E visti i suoi tormenti
Vilipesi scherniti,
In forse fu di variar pensier.
La vergogna l’affligge
E sdegno aver temuto: ond’in quel punto
Più crudo e più inumano
Stringe il ferro pungente
E la bella innocente empio trafigge.
Cadde svenata al piano
La nobile donzella e ’l guardo chiuse.
Il Ciel s’aperse allora
E d’intorno s’udio
Armonia sì soave e sì canora,
Ch’a ragion mi querelo,
Se per ridirla altrui
Non ha voce, che basti, il pensier mio.

Emerenziana: Con queste nozze in Cielo
Pura virginità si sposa a Dio,

Valerio: Ma sentite, mirate
L’armonia, gli splendori
Di quell’alme beate
Di que’ celesti cori.
Riverenti adorate
Quel vivo sol, che splende.
Tra quei lampi fiammeggia
Bellezza, che s’adora, e non s’intende.

Coro: Vieni sposa, amica vieni
E corona il crin di stelle:
Al venir d’alme sì belle
Son di gioia i Cieli pieni.
Vieni sposa, amica vieni.
Quelle stille sanguinose,
Ond’hai fatto il suol vermiglio:
Su ’l candor del tuo bel giglio
Tutte son converse in rose.
Quelle fiamme, quell’ardore,
Onde guerra ebbe il tuo seno;
Son per te nel Ciel sereno
Tutti lampi di splendore.
Viene sposa, vieni amica
E corona il crin di stelle:
Al venir d’alme sì belle
Son di gioia i Cieli pieni.
Vieni sposa, amica vieni.

Flavio: O di pietà infinita
Opre sempre stupende!
Perde Agnese una vita
E cento e mille in Cielo a Dio ne rende.

Tutti: Se non teme aspro tiranno,
Che minaccia, che tormenta;
Ne’ martiri alma contenta
Muta in gioia ogni suo danno,
Le pene son quelle,
Che portano al Cielo.
Dal foco, dal gielo
Si passa a le stelle.
Imparate egri viventi:
Il sentiero del Ciel sono i tormenti.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.49

Scheda a cura di Nadia Amendola
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