Scheda n. 7676

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

La tempesta

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte terza, pp. 73-76

Filigrana

Non rilevata

Note

Il testo è messo in musica da Giacomo Carissimi (I-Nc, 33.3.1 e 33.3.2).

Titolo uniforme

Sciolto avean da l'alte sponde. Forma non specificata, La tempesta

Repertori bibliografici

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Sciolto avean da l’alte sponde
Nave d’or due tristi amanti,
E cader facean su l’onde
Per tributo un mar di pianti.

Eran lingue di tormento
I sospir, ch’uscian dal seno;
E diceano, al mare, al vento,
Ch’in amor non v’ sereno.

Amor non più.
Se la dea, che dal mar nacque,
Tua madre fu;
Ah, ch’al foco d’Amor non bastan l’acque.

Due pupille, che son nere,
Chiari fonti di splendore,
Son tra fiamme e vivo ardore
Al mio cor sempre severe,
Non vola mai strale,
Che foco mortale
Al sen non porte:
Sembran fiamme di vita e son di morte.
Non sperar folle mio core
Libertate a le tue voglie.
Laccio d’or, che stringe Amore,
Mai dal piè non si discioglie.
Su guancia di rosa
Auretta gentile
Scoteva odorosa
Crin d’oro sottile;
E l’alma restò legata in quel crine.
I tesori d’Amor sono rapine.
Amor, come consenti,
Che sian mercede
De la mia fede
Pene, affanni e tormenti?
Crudo tiranno, ohimè,
Che vuoi da me?
Che brami tu?
Chi da l’anima sua, non può dar più.

Udite, udite amanti;
Chiudete il varco a le querele, ai pianti,
Ritogliete la prora al mare infido;
Tormante amanti, ohimè, tornate al lido.
Miseri, o qual veggi’io
Atre nubi funeste
Gravide di tempeste
Già già portar d’intorno
Austro nemboso ad oscurare il giorno.
Che non mirate (o Dio!)
Come per l’alto
Del flutto marino
A salto, a salto
Se ’n corre il delfino.
Udite, udite come
Da l’arenosa sponda
Con dolorosi accenti
Stridulo augel loquace
Chiama su l’onda a guerreggiare i venti.
Udite, udite come
A poco a poco
Il mar dal più profondo
Con stridor roco
Va raddoppiando il grido,
E minacciando il mondo
Varca irato le sponde e lascia il nido:
Tornate amanti, ohimè, tornate al lido.

Fosco vel copra le stelle
Frema il vento, il mar s’adiri,
Chi d’amor soffre i martiri;
Sa sprezzar nembi e procelle.

Senza speme di mercede
O qual diemmi Fato amaro
Vasto Egeo, che non ha fede.
Mova pur Fortuna il piede,
Se opra in Ciel luci rubelle
Sempre irata a’ miei desiri:
Chi d’Amor soffre i martiri;
Sa sprezzar nembi e procelle.

A miei danni, a mia ruina
Si scateni Euro fremente:
I sospir d’un seno ardente
Daran pace a la marina.
Al soffiar d’anima alpina
Stenda il Ciel nubi novelle:
Tempestoso il mar s’aggiri:
Chi d’Amor soffre i amrtiri;
Sa sprezzar nembi e procelle,

Tacquer gli amanti appena,
Che di sì strano ardire
Sdegnossi il mare e ’l vento.
Quando ecco in un momento
S’empie il Cielo di lutto;
Freme l’aria sdegnata e intorno spir
Con sembiante mortal terrore il flutto.
Miseri e che sarà?
O spavendo, o pietà!
Per quell’umido regno
Corre agitato il legno
Sentier di morte e pare
Aprir la tomba infuriato il mare.

Amanti, che dite?
Sospirate, piangete,
Lagrimate, fuggite,
Fate, quanto sapete:
Non si cangia in Amor Fortuna, o Fato.
Ahi, ch’è sempre infelice un sventurato.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.97

Scheda a cura di Nadia Amendola
Ultima modifica: