Scheda n. 7671

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Ercole trionfante

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte terza, pp. 44-51

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Di rose di gigli. Forma non specificata, Ercole trionfante

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Coro di Venere:
Di rose, di gigli
Tessete ghirlande
Al crin di quel grande,
Ch’i mostri domò.

Coro d’Ercole:
No,no.
Di stelle
Più belle
Fra tanti perigli
S’adorni la fronte,
Ch’ardita pugnò.

Coro di Venere:
Dal suo vanto
Nostro canto
Risonar faccia ogni lido.

Coro d’Ercole:
Il suo grido
Fra le stelle in Ciel si porte.

Tutti insieme:
Non si niegan le palme a un petto forte.

Fama:
Tra dure fasce avvolto
Pargoleggiava Alcide;
Allor ch’ira celeste
Contra il tenero volto
Nemica armar si vide
Di duo fieri serpenti orride teste.

Temperanza:
Da sì feroce assalto
Da sì crudo periglio
E chi sottrasse allor di Giove il figlio?

Innocenza:
Io, che semplice e schietto,
Quasi COLOMBA, il core
Porto chiuso nel petto;
Io con armi innocenti
De’ velenosi denti
Resi vano lo sdegno e l’ire estinti.
Io primiera la destra
Del pargoletto ardito
Avvezzai ne’ la cuna
A trionfar de’ mostri e di Fortuna.

Fama:
O COLOMBA semplicetta
Godi pur de’ tuoi gran pregi,
Che su ’l Tebro in mezo ai regi
A regnare il Ciel t’aspetta.
Frema pure in ogni riva
Crudo Marte agli altrui danni;
Io d’onor ne’ più begli anni
Verdeggiar farò l’OLIVA.
Qual di gloria ampio tesoro
Veggio aprisi a’ tuoi desiri!
Tua mercé dagli alti giri
Torneranno i giorni d’oro.

Coro d’Ercole:
Di stelle
Più belle
Fra tanti perigli
S’adorni la fronte,
Ch’ardita pugnò.

Coro di Venere:
Di rose, di gigli
Tessete ghirlande
Al crin di quel grande,
Ch’i mostri domò.

Uno del coro di Venere:
Su fronte altera
Primavera
Porti pur pompa novella.
Fior, che bagna il sudor, si cangia in stella

Fama:
Di nobil sudore
Chi bagna le chiome,
Adorna suo nome
D’eterno splendore.
Bellezza, che more,
Piacer, che diletta,
È cruda saetta,
Ch’a morte vi chiama.
Chi forte non suda, non speri mai fama.
Chi fregio procura,
Che mai non vien meno,
Sbandisca dal seno
Beltà che s’oscura.
Di luce più pura,
Che l’alme contenta,
Felice chi tenta
D’accender sua brama.
Chi forte non suda, non speri mai fama.

Coro d’Ercole:
Amanti sentite:
D’un volto, che ride,
D’un guardo sereno,
Sprezzate, fuggite
La frode, il veleno,
Che l’anime ancide;
Quando lusinga Amore
Guardate l’alma e difendete il core.

Temperanza:
Con amoroso invito
Allettava le piante
De l’invitto garzon prato fiorito
E per tutto scherzando
Ivan le Gratie a schiere:
Che la gioia e ’l piacere
Lusingando quel core;
Ogni fronda, ogni fior spirava amore.

Fortezza:
Da campion sì possente,
Che l’anime inamora
Chi lo difese allora?

Temperanza:
Contra colpo così forte
Di piacer di gioia acceso,
Riserbar quel seno illeso
A me sol fu dato in sorte:
Io son quella, ch’a suo scampo
Scesi in campo
E ’l suo cor cinsi di smalto:
Dove pugna virtù, cede ogni assalto.

Temperanza e Fama:
No, no, non più strali
Da l’arco d’amore
Dispieghino l’ali;
A danni d’un core
Saette di foco
Non hanno più loco.
Indarno Cupido accende suoi rai:
Chi non vuol, non arde mai.

Coro di Venere:
O folli, che dite?
Se vaga beltate
Di foco s’accende;
Gioite:
De lieta risplende;
Servite:
Se dolce d’offende;
Soffrite?

Coro di Ercole:
O folli, che dite.
Se vaga beltate
Scherzando saetta;
Pugnate:
Se dolce diletta;
Durate:
Se l’anima alletta;
Sprezzate.
Indarno Cupido accende suoi rai:
Chi non vuol, non arde mai.

Ciclopi:
Saette d’affanno
Non speri più no
Cupido tiranno, che sempre ingannò.
No, no, non si vanti
D’avere mai più
Gli strali
Mortali
Temprati n’ pianti
Per man de l’inganno.
Saette d’affanno
Non speri più no,
Quel crudo tiranno,
Che sempre ingannò.

Amor di Virtù:
Piano, piano; io non son già,

Virtù:
Qual mi fa,
La vostr’ira e ’l vostro sdegno,
A me, a me
Non si niega in questo regno
Di posar felice il piè.

Ciclopi:
Ne’ regni del foco
Non entri mai più
Cupido,
Ch’infido
Ha frondi per gioco,
Per scherzo ogni danno,
Saette d’affanno
Non speri più no
Quel crudo tiranno,
Che sempre ingannò.

Amor di Virtù:
Io non son quel cieco Dio,
Che di duol saette avventi,
Porta pace e non tormenti
Il valor de l’arco mio.
La mia destra, il mio desio
Virtù segue e se n’appaga:
Pianto il cor mai non allaga,
Di dolor d’affanni carco;
Il ferir di sì bell’arco
Fa nel sen dolce ogni piaga.

Uno de’ Ciclopi:
Prendi questa saetta e quindi armato
Felice, beato
Ferir ben puoi
De’ sommi Eroi
L’alme e onor t’addita;
Sarà lampo di gloria ogni ferita.

Fortezza:
De l’eroe trionfante,
D’Alcide il giovinetto
L’alma ferita e ’l petto
Da sette sì nobili,
Io coraggiosa, io forte
Per sentier faticoso
Non mai stanca là giù scorsi le piante
E fra rischi di morte
Con salde voglie immobili
Di bella gloria ardenti,
Con intrepida mano
Il trassi a calpestar mostri e serpenti.
E lieto poi
De’ sudor suoi
Con sen giocondo
Passò felice a sostenere il mondo.

Innocenza:
O qual veggio, o qual lontano
Rimirar’oggi mi lice
Sacro Alcide e più felice
Correr lieto in VATICANO,
Per sentier d’opre sì belle
Mova pur veloce i passi,
Ch’INNOCENTE allor vedrassi
Sostener’ in ciel le stelle.
Miro già da l’alto soglio
Al fulgor de’ suoi splendori
Ritornare i primi onori
A dar glorie al Campidoglio.

Fama:
Udite, udite o genti
De la mia vce il suono.
Non sia più, chi paventi
Calle, che faticoso
Offra mostri e serpenti.
Spirto, che generoso
A bella gloria aspiri,
Là, là volga i desiri,
Dove sue furie aduna
Il Fato, o la Fortuna.
Ne’ del tempo ch’i vanni
Scioglie rapido a volo,
Tema gli oltraggi e i danni:
Ch’a virtù combattuta,
Questa mia tromba d’or non è mai muta!
Scherzando soffrite,
Penando gioite
Con volto sereno:
Ne’ perigli virtù mai non vien meno.

Coro di Venere:
Di rose, di gigli
Tessete ghirlande
Al crin di quel grande,
Ch’i mostri domò.

Coro d’Ercole:
No,no.
Di stelle
Più belle
Fra tanti perigli
S’adorni la fronte,
Ch’ardita pugnò.

Tutti insieme:
Di fiori, o di stelle
Con gare novelle
Festeggino l’alme
Bagnate dal sudor crescon le palme.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.92

Scheda a cura di Nadia Amendola
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