Scheda n. 7632

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

L’Ester

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte seconda, pp. 98-103

Filigrana

Non rilevata

Note

Testo intonato da Luigi Rossi.

Titolo uniforme

In un petto mortale. Oratorio, L'Ester

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Coro pieno:
In un petto mortale
Tra superbi desiri
Aura d’ambitione e che non vale?

Testo:
Crudo d’Aman consiglio
Già sentenza di morte
Minacciava di Giuda al popol fido.
Già d’ogn’intorno il grido
Correa nuntio crudel d’iniqua sorte,
Dal profondo del seno
Lagrimosa la turba a Dio diletta
Sparge sospiri ardenti.
A pro degl’innocenti
Contra un’alma crudele
Sanno giuste querele
Ne la destra del Ciel trovar vendetta.
Donna, cui diede il Ciel vanto di bella,
È la famosa Ester, che già nel core
Del superbo Assuero
Al folgorar di duo begli occhi ardenti
Tra faville cocenti
Seppe nudrir con sue bellezze Amore,
A la trista novella,
Ch’il popol suo minaccia,
Scolorita la faccia
Misera Ester si lagna:
Flebile il sen percote
E su le proprie gote
Con lagrimose stille
Di sua bellezza i fiori asperge e bagna.
Sospira, dolente,
Divota al suol si piega
E di sua fede ardente
Gira il guardo a le stelle e così prega.

Ester:
Padre del Ciel da le stellate porte
China cortese il ciglio
A l’affanno, al periglio
Del tuo popol fedel, che corre a morte.
Empia voglia tiranna
Fra le stragi il condanna:
Se tua pietade a suo favor non scende;
Signor, chi lo difende?
Che vale, ohimé, che vale,
Che pietosa a suo scampo
La tua destra immortale
Apra de l’ocean l’instabil campo;
Che vale, ohimé, che vale,
Per deserta contrada
Con sì provida cura
Piover manna e rugiada
Per satiar del popol tuo la brama;
S’entro soglia dorata
Infame laccio oggi a morire il chiama?
Se tua pietade, ohimé, dal Ciel non scende;
Signor, chi lo difende?

Dio:
Lascia, lascia, non più:
Il tuo popolo, Ester, non morirà:
Vanne lieta pur tu.
Farò, farò ben’io,
Che nel sen d’Assuero arda pietà
E secondi sua voglia il tuo desio.
Con memorando esempio
L’infame laccio indegno,
Ch’oggi minaccia i tuoi; sia pena a l’empio
Contra un petto rubello
Per le vie del fallir corre il flagello.

Coro a tre:
Fortunato è ben, chi spiega
Negli affanni al Ciel sua mente:
A sospir di zelo ardente
Suoi favori il Ciel non nega.
Cor divoto, alma, che prega,
Per timor sempre non geme.
Uom, che pone in Dio sua speme,
Sprezza lieto ogni tormento:
Fra le stragi e lo spavento
Salda fè morte non teme.

Testo:
Di sua bellezza adorna
Vessene Ester soletta,
Sove fra suoi più grandi il re soggiorna.
Et ecco (o meraviglia!)
Al primo sguardo di colei, ch’adora,
Sente in seno Assuero
Scendere un non so che, che dolcemente
De l’incendio primiero
Rinovella le fiamme e l’innamora.
S’erge lieto dal soglio,
Dove sedea felice
E deposto ogni orgoglio
L’aurato scettro inchina
Incontro a la reina e così dice.

Assuero:
Che dimanda il tuo core
O bellissima Esterre e che desia?
Non chiuda no, non chiuda aspro timore
A le voci la via.
Viva tuo cor securo
E sia mia fede il pegno:
Non temer più: su la mia vita il giuro,
Teco partir non mi fia grave il regno.
Ardisci, ardisci omai:
Ciò, che chiedi, o reina, impetrai.

Ester:
S’oggi trovar mercé
Negli occhi tuoi m’è dato
O mio Signore, o re;
Supplice, lagrimosa,
Genuflessa, dolente,
Agitata dal duolo,
Scherzo d’empia Fortuna a te ne vegno.
Non chiede no, non chiede
Il mio povero stato
Teco partire o la corona, o ’l trono.
Guardi il Cielo il tuo regno.
De la tua man sia dono
Questa misera vita,
Questa di questo seno alma dolente.
La tua destra possente
A mio favor si pieghi:
Il mio popolo tu dona a miei preghi.
O mio Signore, o re,
Innocenti fra l’ire
Siam dannati a morire.
Miseri, o Dio, perché
Venduti in servitù
Dura catena ah non ci lega il pie’?
Miseri, o Dio, perché?
Fora lieve sciagura;
O negli affanni miei
Sparsa il ciglio di pianto io tacerei.
Ma l’inimico, il crudo,
Il disleal, l’infido
Al tuo nome, al tuo regno,
Non fia, Signor, che le sue voglie acchete:
Avido sol del nostro sangue ha sete.

Assuero:
Vive e regna Assuero
E v’è, chi temerario ardisce tanto?
E v’è, chi può severo
Far, che nel Ciel di tua bellezza io miri
Bagnar due stelle amaramente il pianto?
Non più, non più sospiri,
Ester, non più querele,
Di quell’empio crudele
Paghi al mio scettro, a me
Ogni lagrima tua un mar di sangue:
Abbia pace il tuo cor, l’empio chi è?

Ester:
Un fiero mostro, un angue,
Crudo mostro inumano,
Angue spietato e sordo
Del nostro sangue ingordo;
Una furia d’Averno;
Ah dico poco! È mio nemico Amano.

Assuero:
Vivi, Esterre, al mio regno
E teco il popol tuo viva a se stesso.
Quel traditore insano
Sia da sue frodi oppresso.
Vittima del mio sdegno
Caggia l’empio omicida e mora Amano.

Ester:
A tuo pro sempre lampeggino
Luminose in Ciel le stelle;
Perché belle
Al tuo crin palme verdeggino.
Vincitor prema il tuo piede
Chi non cede
Tributario a’ tuoi pensieri.
Arma pietade i regni e dagl’imperi.

Coro pieno:
Già dannato a morire
Egro il mondo languia;
Ma nova Ester MARIA
Con laccio di pietate
Incatenò del Ciel gli sdegni e l’ire.
Mortali che fate?
Chiedete, pregate.
Alma, che chiede,
Ma non parte da Dio senza mercede.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.53

Scheda a cura di Nadia Amendola
Ultima modifica: