Scheda n. 7630

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Il vitello d’oro

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte seconda, pp. 87-90

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Mentre su l'alte cime. Oratorio, Il vitello d'oro

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Testo:
Mentre su l’alte cime
Del Sinai fortunato
Supplice adorator Mosè divoto
I decreti del Ciel dal Cielo attende;
L’empio popolo ingrato
Su novo altare ardente
Di mille fregi adorno
Aureo Vitello a riveri si prende.
O d’umano desire
Traditrice empietà!
A l’idolo lucente
Vanno liete d’intorno
Danzatrici festose
E con voci gioiose
D’armoniosi accenti
Fan risonar d’alta letitia i venti.

Coro pieno:
Di giubili e contenti
Risonino le rive
E floride e festive
Rispondano agli accenti

Soprano solo:
Offra lieto a nostri Numi
Pronto core ogni sua voglia:
Su l’altar l’incenso fumi
E ne’ canti il cor si scioglia.
Questi fur, che per pietà
Del servaggio i lacci sciolsero:
Questi fur, che poi raccolsero
Nostro piede in libertà.

Coro:
Da timpani sonori
Con strepiti più chiari
Salutinsi gli altari
E spargansi di fiori.

Dio:
Lascia, lascia Mosè.
Con memorando essempio
Di qua su l’ira mia vendicatrice
Cada su ’l popol’empio:
Empio, che mi lasciò
E di sua propria mano
Barbaro fabricò
Di caduco metallo idolo vano.
Più non speri mercé;
Lascia, lascia, Mosè.
Mancar di fede a me,
Che da’ campi d’Egitto
Il trassi allor, ch’afflitto
Nel cor si dolea più?
Io con destra pietosa
Laccio di servitù
Gli disciolsi dal pie’.
Lascia, lascia, Mosè.

Coro a tre:
Popol crudel, che da l’eterno regno
Traviato sen va;
De’ flagelli del Ciel senta lo sdegno.

Mosè:
Apri i fonti Signor di tua pietà.
La tua mano sdegnata,
Che già par, che saette,
Deh non vibri, o mio Dio, strali, o vendette.
Che diranno di te
Gli empj, ch’ognior spergiuri
Negano a la tua gloria amore e fè;
Che diranno di te?
O come, o come
Contra il tuo nome
S’armeran d’empietà?
Apri i fonti, Signor, di tua pietà.

Dio:
Non son, non son quell’io,
Che pietoso a suo scampo
Con destra onnipotente
Duo Creator, suo Dio
Apersi un dì de l’oceano il campo?
Non son, non son quell’io,
Che con pietate ardente
Per deserta contrada
Seppi degli alti giri
Piovan manna e rugiada
Per satiar, cortese, il suo desio?
Non son, non son quell’io?
E pur crudo spietato
L’empio popolo ingrato
Ad altri il suo cor diè?
Lascia, lascia, Mosè.

Mosè: Dov’è, Signor, dov’è
Quella pietade, ohimé,
Che ne’ rischi più gravi
Splendé sì chiara agli avi
Con eccessi di fè?
Dov’è, Signor, dov’è?
Quella pietate, o Dio,
Quella pietà sia scudo al popol rio.
A saetta di sdegno,
Ch’esca da la tua mano, è fragil segno.
Pur se di sangue è vaga
L’asta del tuo furore;
Il mio seno, il mio core a morte impiaga.
Di questa vita il tuo furor mi prive;
Orrendo è troppo, ohimé,
Ne la destra cader d’un Dio, che vive.

Dio:
Non più, non più, Mosè:
A tanto intercessor nulla si neghi.
Con lacci di pietà
Han potuto i tuoi preghi
Su l’ali del desio
Legar ne’ la mia destra il furor mio.
Viva il popolo e sia questa mercé
Premio de la tua fe’.

Coro pieno:
Non ti doler, se d’atra fiamma acceso
Fulmina il Cielo offeso;
Al tuo fallire
Questo si de’:
Ma poi mercé
Dona cortese il Ciel di mezo a l’ire.
Con pietate più chiara
Quella man, che punì, palme prepara.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.51

Scheda a cura di Nadia Amendola
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