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Legami a persone
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Titolo uniforme
Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Muse voi, che su le cime
Di Permesso in Elicona
A virtù di palme e rime
Intrecciate aurea corona,
Al tesor degli inni vostri
Non aprite oggi le porte;
Ch’io di morte
Fulminar non voglio i mostri.
Altro segno
Di mia mano i colpi aspette.
Fiero segno
Fa volar le mie saette
Non non curo oggi per voi
Dare al Ciel novelli eroi.
Chi per me Castalie Dee,
Fuor de’ regni del tormento,
A portarmi onde letee
Fia, che mova il piè non lento?
Su que’ sogli, ove sovente
Di colei che mi disprezza,
La bellezza
Dispiegò mia voglia ardente;
Bella Clio
Spargi tu l’onde funeste:
E d’oblio
Atro vel mia mano appreste.
Io beltà non ergo al Polo:
Al tuo Nume i carmi involo.
Lunga notte in sen ricopra
De’ suoi fasti ogni memoria:
A suo pro più non si scopra
Nel mio stil raggio di gloria.
Per un cor ch’ai nostri carmi
Inchinar non degna il ciglio,
Rio periglio
De l’etadi apprestin l’armi.
Chi sereno
Gira il guardo a nobil cigno,
Il veleno
Sa sprezzar d’astro maligno
E del sol, degli anni al pari
Spiega in Ciel raggi più chiari.
Là di Sorga in su la riva,
Che d’argento in sen chiudea
Onda pura e fuggitiva,
Che fastosa al mar scendea;
Giovanetta, a cui nel volto
De le nevi entro i candori
Vaghi fiori
Primavera avea raccolto;
Chioma d’oro
Scioglie intorno a l’aura pura;
Bel tesoro,
Che di Febo il crine oscura:
In due luci, in due facelle
Arde un sol partito in stelle.
Ma da l’arco onnipotente
De l’età, c’ha il cor di smalto,
Sì leggiadro occhio ridente
Chi sottrasse al fiero assalto?
Ecco Amor, che lo rivela
Al desir del cigno d’Arno.
Sempre indarno
Gran bellezza altrui si cela.
Al suo strale,
Per ferir petto severo
Scioglie l’ale
Da quel ciglio Amor guerriero;
Arse il cigno e l’altrui vanto
Risonar fece il suo canto.
Forse allor la giovenetta
A sì dolci e puri accenti,
Volse altrove sdegnosetta
Del bel volto ai rai lucenti?
Van pensier, con voglia amica
Ode ogn’or voci canore.
In amore
La pietà sempre è pudica.
Quindi ottenne
Soggiogar l’ire degli anni,
Che le penne
Han sì pronte a nostri danni
E sua gloria in più bel soglio
Trovò in Pindo il Campidoglio.
Di Peneo sovra le sponde
Febo mai sì belle al Cielo
Non mirò le verdi fronde
Inalzar l’armato stelo,
Come chiaro erge la fronte
Or di Sorga il nobil lauro,
Cui ristauro
Diede già Pierio fonte
D’aspro verno,
Di tempeste e nevi carco,
Fatto eterno
Non paventa il rigido arco:
Splende illustre e sempre verde
Ne rigor fronda non perde.
Forse anch’io da l’arco aurato
Scior saprei di mia faretra
Per beltà quadrello alato
Da volare in cima a l’Etra:
E con piede trionfante
De l’etade e de l’invidia
La perfidia
Calpestar guerriero amante.
L’armi vaghe
Che già diemmi il Dio di Cinto,
San far piaghe
Ch’il livor lasciano estinto.
Serbo l’arco a maggior uopo:
So ben’io qual sia lo scopo.
Ben’empirmi io sento il grembo
Del furor ch’Apollo inspira:
Di lassù mi piove un nembo,
Che di strali arma la lira:
Ma tacer mi sia diletto.
S’avvien mai, che de’ tuoi vanti
Lieto canti
Chiaro cigno acceso il petto;
Gira, Filli
Su le note armoniose
Rai tranquilli:
E vedrai palme festose
Tributarie al tuo bel nome
Coronarti un dì le chiome.
Paese
Lingua
Segnatura
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.41
Scheda a cura di Nadia Amendola