Scheda n. 7623

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Che i travagli non vengono tutti per nocere. Al Signor Berlingiero Gessi

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 206-209

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Perché un dì d'Averno i mostri. Forma non specificata, Che i travagli non vengono tutti per nocere. Al Signor Berlingiero Gessi

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Perch’un dì d’Averno i mostri
Tracia lira
Di placare ottenne in forte;
Fiammeggiar sugli aurei chiostri
Or si mira
E non cura armi di morte.
S’empio amor, mostro più forte,
Di pietà, di fede ignudo
Nel mio seno al tuo concento
Suo tormento
BERLINGIER, rende men crudo;
Qual daran l’alme sorelle
Al tuo stil fregio di stelle?

Entro un mare aspro sonante,
Cui dier l’onde de’ miei lumi i tristi pianti,
Per dolor naufrago amante
L’alte sponde
Sospirai con voglie erranti.
Ma due luci scintillanti,
Che del Ciel vincon le sere,
Cinosura al mio gran corso
Bel soccorso
Mi negar sempre severe.
A mie voglie, a miei desiri
Austri furo i miei sospiri.

Scatenarsi a danni miei
D’aspre doglie
Qual vid’io nembo fremente,
Ch’inalzar chiari trofei
De le spoglie
Sperò sol d’un Innocente!
Ma chi soffre e non si pente
Al furor d’Eolo maligno;
Quando più con l’onde avare
Freme il mare;
Speri allor fiato benigno
Da placar nei cupi claustri
L’ira al mar lo sdegno agli Austri.

Doloroso e quasi assorto
Tra ruine
Di nemica atra procella,
Pura fè, che sta su ’l porto,
Miro al fine
Che più chiara or mi rappella.
Sua mercé luce più bella
Del mio legno il corso aspetta.
Sempre mai non son mortali
Gli empi strali
Di Fortuna, che saetta.
Sa talor dentro gli affanni
Bel gioir spiegare i vanni.

Atro il Ciel di sdegno carco
Ecco irato
Ch’a sue furie il freno allenta:
Arde acceso e ’l rigido arco
Strale alato
Fa volar, che morte avventa.
Trema il suolo: si spaventa
Al ferir d’arco sì grande.
Ma sereno appena il sole
Uscir suole
E suoi rai d’intorno spande,
Che tranquillo il sen giocondo
Apre il cielo e ride il mondo.

A miei danni empia fortuna
Di sua corda
Scocchi pur strali pungenti:
Quante in me sventure aduna
Sorte sorda
Non faran, ch’io mi spaventi.
Miei pensier sempre contenti
Daran vita al gioir mio.
Cor costante ne le pene
Fa serene
Ne suoi dì l’ore al desio.
Al valor Fortuna cede:
Bell’oprar sempre ha mercede.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.40

Scheda a cura di Nadia Amendola
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