Scheda n. 7618

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

In detestatione delle passioni amorose. Al Signor Nicol’Angelo Caferri

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 180-187

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Arma d'arco la cetra. Forma non specificata, In detestatione delle passioni amorose. Al Signor Nicol'Angelo Caferri

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Arma d’arco la cetra
Luminoso rettor, tu, che sovente
Fulminasti da l’Etra
Con mortifero stral serpe nocente:
Tu con destra possente
Vendica, arcier di Delo, i danni miei;
Perché fian tue vittorie i miei trofei.

Che val tinger di sangue
Entro petto mortal saetta ultrice,
Sol per ch’in volto essangue
Lagrimi i figli suoi madre infelice?
Più cruda guerra indice
De l’invitta destra al regio scettro,
Chi con barbaro piè preme il tuo plettro.

Già feroce Pitone
Sentì de’ la tua man l’armi tonanti:
A novella tenzone
Or chi aman te d’alma divota i pianti,
Gloria fia de’ tuoi vanti,
Ch’un tuo seguace in libertà ritorni
E sua vendetta il tuo trionfo adorni.

Ma di pennuto strale,
Che d’aurata faretra esce primiero,
Chi fia segno mortale?
Chi nel cor sentirà colpo sì fiero?
Rigido petto altero,
Ond’è mia fè, mia servitù negletta,
Senta del tuo Parnaso aspra saetta.

O de l’Idalio regno
Mostro di ferita, rigido core,
Al tuo feroce sdegno
Cede spirto d’Averno il suo rigore.
Qui non parla il dolore:
Tace l’anima oppressa e muta l’ira:
Tua fierezza le voci al canto aspira.

Empia fera crudele
Con velenoso dente uccide altrui;
Ma con pianto fedele
Indi accusa pentita i falli sui.
Tu sol ne’ pensier tui
Fera l’anime uccidi e senza frutto
Bevi sangue innocente a ciglio asciutto.

O s’a questa simile
Radope allor nudria belva rabbiosa,
Ch’udì plettro gentile,
Ne’ le fiere spirar forza amorosa;
Cetra, che luminosa
Coronata di stelle in ciel ti gonfi,
Scorgeresti mendica i tuoi trionfi.

Tu dillo Amor s’io mento,
Ch’a l’acerbo tenor de’ miei martiri,
Scorgesti il mio tormento
Sparger di gioia a duo begli occhi i giri:
Ma tra pianti e sospiri
Crudo mirasti ognor, senza mercede
Entro sirti voraci errar la fede.

Lì ne’ regni di Teti,
Dove morte fra l’onde inalza il soglio,
Contra volanti abeti
Non chiude il vasto Egeo rigido scoglio,
Ch’al temerario orgoglio
Di quelle luci al mio languir sì pronte,
Nel suo freddo rigor non ceda a fronte.

Così misero scherno
Fatto altrui di Citera entro le foglie,
Alma di cieco Inferno
Avventò nel mio sen tormenti e dogne.
Or chi la lingua scioglie?
E chi di lei le mie vendette or prende?
L’arco sol fè tradita incurva e tende.

Già d’amorosa spene
Sparse semi soavi amor tiranno:
Ma ne’ l’arse mie vene
Germogliò poi fecondo estremo affanno
E con mortale inganno
Indi, lasso, mirai cresciuto solo,
Dal mio pianto irrigato, il proprio duolo.

Di Pindo in spiaggia amica
Tentò sovente al suo d’aonio coro,
Mover guerra nemica
Al mio grave martire arco canoro.
Ma che l’aspro martoro
Il suo forse addolcì di corde aurate?
Vigor crebbe al dolor cruda beltate.

Del tempo incontro a l’armi
Sperai fregiar di verde lauro i crini;
Ma che pro, s’a piagarmi
Sciolse tanta beltà strali più fini?
Contro a colpi divini,
Che cieco vibra Amor di pietà nudo,
Nobil serto di lauro è fragil scudo.

Pur sovente cantando
Benché negletto altrui, fra cigni egregj
Ove dolce stillando
Piove NUBE immortale eterni fregi,
D’alta bellezza i pregi
Per lo ciel de la gloria alzar convenne
E diè la fama tanto vol le penne.

E già d’Argo e di Delo
Altrui sembrò l’antico vanto oscuro:
Che ne’ miei fogli il cielo
Scorse folgoreggiar volto più puro.
Ma cieco Fato e duro
Inchinar non degnò l’orecchie al canto.
Merta ciò chi d’altrui fidasi tanto.

CAFERRI, o te beato,
Cui diede in verde età stella cortese
Di tuo valore armato
Non paventar d’arco immortal l’offese:
Che d’onor voglie accese
Contra l’armi d’Amor, contra le frodi
Del tuo tenero cor siedon custodi.

Agli amorosi ardori
Offre l’esca talor petto senile;
E tra freddi rigori
Desta fragil beltà fiamma servile.
Nel tuo sen giovanile,
Più che strali d’amor, saette acute
Vibra con arco d’or nobil virtute.

Così ragion mai sempre
Con man regal sui ribellanti affetti
Quindi sostenga e tempre
L’alto impero de’ sensi a te soggetti
E da terreni aspetti
Suo magnanimo cor candido e lieve
D’una in altra sembianza al Ciel solleve.

Non dagli orridi chiostri
De l’atra notte, e da’ Tartarei lidi
Sorgon tai furie e mostri
Ne’ le ruine altrui crudi omicidi;
Ch’entro sembianti infidi
A suoi danni vie più mordaci e fieri
Misero cor non senta i suoi pensieri.

Conti pur favoloso
Pindo, che già per solitaria riva
Rimirò curioso
Cacciatore regal vergine diva;
Che sparso d’onda viva
Fera divenne e lacerato a brani
Le voragini empié de’ proprij cani.

Ma chi s’accende al raggio
Di caduca beltà, ch’il tempo ad ugge;
Sente con novo oltraggio,
Che dal piagato sen l’alma se ’n fugge!
Et al cor, che si strugge,
Già fatto mira entro l’ardor vivace
Il suo proprio desio veltro vorace.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.35

Scheda a cura di Nadia Amendola
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