Scheda n. 7617

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Dopo un’infermità del Signor Abbate Peretti che fu poi il Cardinal Montalto

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 176-179

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Questi ch'a far volar lieto mi prendo. Forma non specificata, Dopo un'infermità del Signor Abbate Peretti che fu poi il Cardinal Montalto

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Questi, ch’a far volar lieto mi prendo
Per lo cielo di Roma inni festanti,
Al Signor de’ miei canti
Oggi sacrati in bel tributo appendo.
Glorioso trofeo,
Che di nettare ascreo
Sparge con man divina Euterpe, o Clio;
Sa vincer gli anni e trionfar l’oblio.

Sempre dal suo crin d’or fiamme di luce
Egual non vibra il biondo arcier di Delo:
Contra i raggi del cielo
Spesso torbide nubi ardir conduce.
Ma chi sostiene i lampi
Da un sol, ch’acceso avvampi?
Van le nubi disperse; o sciolte in pianto
De’ raggi d’orfan più superbo il vanto.

D’orrida nube oscura atro vapore
Sorse nemico a far men chiaro il giorno
Del mio Signor, ch’intorno
Sparge con raggi d’or vampe d’onore.
Corse nel regio seno
D’empia febre il veleno,
Che di turbar quel cor fiera sofferse
E di pallor la nobil fronte aperse.

Ma non tutte a ferir van le saette,
Dove i colpi destina arco pugnace:
Sotto scudo di pace
Nutre cura immortal nostre vendette.
Corrono ubbidienti
A pro de’ giusti i venti;
E là rapido stral, d’onde se ’n venne,
Porta nel sangue a dissetar le penne.

Dite numi pietosi e quali a volo
Miraste allor calde preghiere e voti

Scioglier da cor divoti,
Per placar le vostre ire, il nostro duolo?
Dal più rigido ciglio
Trasse pianto il periglio
E per tema ogni cor divenne essangue:
Tanto puote in altrui valor, che langue.

Ma sostener d’umil preghiera ardente
Sparsa di pianti il ciel non sa l’assalto:
Cedon gli usci di smalto
Agli strali, ch’avventa alma dolente.
Dal tuo seno gli affanni
Sciolser FRANCESCO i vanni
E su ’l ciglio con stupor novello
Arse de le tue glorie il sol più bello.

Gravida già di più be dì si vede
D’Oriente spuntar l’alba rosata
E con chioma dorata
Per li campi del Ciel movere il piede.
Ossequiose io miro
L’ampie conche di Tiro
Già sudar tributarie al tuo gran nome
E di bei fregi imporporar tue chiome.

Allor, che di mortal gielo la fronte
Tinse del gran MONTALTO invida sorte
Fra sembianze di morte
Inaridì di bella gloria il fonte.
Ma di stupor tutt’ebro
Ecco già spera il Tebro
Per te di gloria luminose e chiare
Portar l’onde d’argento in seno al mare.

O d’eterno valore illustri pregi!
Al tuo sempre d’onor lucido crine,
De le grane più fine
Tesson corona in Occidente i regi
E glorioso URBANO
Scorgo nel Vaticano
Aprir già di sue gratie i chiusi abissi
E su ’l petto spiegar porpore e bissi.

Ma dove e di qual aura empio le vele?
Udite o Cieli, udite, il mio Parnaso.
Mai non arrechi occaso
A così bella età Fato crudele.
Dal fecondo tesoro
Degli astri il giorno d’oro
Apra destra immortal, Destin secondo:
Rida il Tebro, arda il sol, festeggi il mondo.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.34

Scheda a cura di Nadia Amendola
Ultima modifica: