Scheda n. 7615

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

A Monsignor Giulio Mazarini, che fu Cardinale. Amor fa Poeta

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 166-171

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

E pur mi chiedi ancor perché sì spesso. Forma non specificata, A Monsignor Giulio Mazarini, che fu Cardinale. Amor fa Poeta

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

E pur mi chiedi ancor, che si spesso
D’amor io faccia risonar la cetra
E de l’aurata sua nobil faretra
Ogni strale a portar prenda in permesso?

Io seguace d’amor già non mi vanto
Ch’aura di Pindo il cor m’empia le vene:
Due chiare stelle più del sol serene,
Se minacciano il cor, dan vita al canto.

Sentier, che porta a l’Eliconio regno,
Mai per me non aperse il biondo Apollo:
Filli, che tienmi un dolce giogo al collo,
Si fa legge al mio pie’, luce a l’ingegno.

Se le conche di Tiro ebre già d’ostro
Mandan le sete ad arricchirle il seno;
Al suo manto gentil di raggi pieno
Sacra la penna mia Pierio inchiostro.

S’aure dolci talora e matutine
Fan le chiome ondeggiar su le sue gote;
Gode sassosa al suon de le mie note,
Ch’erri lodato in su la guancia il crine.

Se con molle catena il sonno lega
Sotto il bel ciglio a le pupille il guardo;
Nove cagion di rintracciar non tardo
E suoi riposi il mio cantar dispiega.

Se la candida man, che vince il latte,
Tocca di cetra d’or corde sonore;
Per celebrar di sì bei fregi il fiore
Corrono i carmi a le sue nevi intatte.

Se da le labbra, ov’han le rose il trono,
Soavissimo il canto a l’aura scioglie;
Porta mia man da le Castalie soglie
Inni al suo canto tributaria in dono.

Se talor d’Elicona in su le cime
Stende la bianca mano a coglier fiori;
Per coronarle il crin di sacri allori
Pronte dal plettro mio corron le rime.

O che parli, o che taccia; io di sua gloria
Stupido ne’ miei carmi i lampi ammiro
E so nascer da’ fogli in picciol giro
D’ogni lieve cagion famosa istoria.

Ma cantando il mio stil qual fora poi,
Se dato avesse a miei desir la sorte
De l’oblio cieco ad onta e de la morte
Condur ne’ campi a guerreggiar gl’eroi?

Non darei di mia tromba il suon guerriero
De la prole Titania al crudo orgoglio,
Ch’erger bramando a nove furie il soglio
Sovra Pelio e Olimpo aprì sentiero.

Dissetar non bram’io de l’onde Ascree
Sitibonda la mente in Elicona,
Per fabricar cantando aurea corona
A Tebe e coronar fronti Cadmee.

D’Ilio abbattuto là tra le faville
Ne’ feroci di Marte empi contrasti
Su le mie carte ad eternar suoi fasti
Ma già non chiameria l’asta d’Achille

Fra lo stuol degli eroi, figli di Marte,
Onde famoso il grido oggi rimbomba,
Io d’offrir sdegnerei l’Aonia tromba
Ai guerrier, che di sole empio le carte.

Pieno il petto d’Apollo al suon de l’armi,
GIULIO, allor volgerei guerrier canoro
Avido sol di bellicoso alloro
A più bel segno di mia tromba i carmi.

Direi d’Antonio, allor, ch’i gioghi alpini
Scorrea d’intorno infuriata Enio
E di sangue fedel gonfio ogni Rio
Tingea di morte i campi a sé vicini.

Che son, direi, del suo valore i fregi
Campione inerme a belle glorie intento
Incatenar fra l’armi e lo spavento
Con pacifica man l’ire de’ regi.

Tutto lieto io direi, che su ’l Metauro
Nembi d’oro versò terreno Giove;
E con destra regale in forme nove
Diede chiaro Oriente agli anni d’auro.

Et allor canterei, ch’Emol d’Augusto
A l’eterno splendor di sue corone
Su ’l Vaticano in glorioso agone
Seppe rinovellar pregio vetusto.

Per sentir di virtù su l’orme impresse
Che segnò d’alta gloria il grande URBANO,
Direi, che poggia in Pindo e di sua mano
Febea corona al nobil crine intesse.

Per ischernire il fulminar degli anni,
Che sempre al fianco han di saette un nembo
Ei de l’eternitate assiso in grembo
Direi, che scioglie a suoi trionfi i vanni.

Direi quanto di te fama non tace;
Quando schierati a fiera pugna i campi,
De’ tonanti metalli in mezo ai lampi
Franco il seno movesti angel di pace.

Già sanguigno vibrava orrido telo
Marte superbo e minacciava il mondo;
Quando portasti tu con stil facondo
La pace a trionfar nuntio del Cielo.

Ne’ tacer sosterria già la mia penna
Tributaria divota al tuo gran nome,
Che per tesser corona a le tue chiome
Scieglie virtù le grane entro la Senna.

Ma crudo Amor, che pur mi prende a gioco,
Di saetta sì acuta il cor mi siede,
Ch’importuno tiranno ogn’or mi chiede,
Ch’abbandoni gli eroi, canti il suo foco.

D’Eolo tratta il nocchier sovra l’arene;
De suoi tori il bifolco e de l’aratro;
Le sue piaghe il guerrier conta al teatro
E chi servo è d’amore le sue catene.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.32

Scheda a cura di Nadia Amendola
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