Scheda n. 7609

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Per la Signora Leonora Baroni. Questa con le altre quattro canzoni appresso si leggono nella raccolta d’altre compositioni agli Applausi della medema Signora. Al sig. Berlingerio Gessi

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 134-139

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Agli accenti canori. Forma non specificata, Per la Signora Leonora Baroni. Questa con le altre quattro canzoni appresso si leggono nella raccolta d'altre compositioni agli Applausi della medema Signora. Al sig. Berlingerio Gessi

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Agli accenti canori,
Onde chiara Leonora il mondo ammira,
Tributaria mia lira
Dunque non porterà serto di fiori?
Mio bel desir non frene,
Perché di gemme e d’oro
Non coroni mio crin sacro Ippocrene:
D’una fronda d’alloro
Non ha forse virtù più bel tesoro.

Ma per qual calle il volo
Sciorremo Euterpe, ove più chiare e degne
Orme d’onor non segne
Di cigni armoniosi inclito stuolo?
Segno d’aurato strale
S’a bersaglio sì noto
E di penne Cadmee si stanchin l’ale:
A l’arco mio devoto
Fra pregio anco scoccar suoi strali a voto.

Che sereno: due stelle,
Che di vergogna empiono il volto al sole,
Lascin l’eterea mole
E nel brun di due luci ardono più belle;
Di tua virtù divina,
LEONORA, nobil vanto,
Che riverente il mio pensiero inchina:
Ma ne’ tuoi pregi intanto
Invoco i lumi e sciolgo altrove il canto.

Il glorioso plettro,
Ch’a le rupi Strimonie il corso diede,
Apre tenaria sede
E piega a suoi desir l’orrido scettro.
E fama in Elicona,
Che tra più puri inchiostri
Dopo sì lunga età vie più risona,
Ch’allor d’Averno i chiostri
Apri pietate e fè men crudi i mostri.

Al suo cor doloroso
Vide Ission l’infaticabil rota
Ne’ suoi turbini immota
Non creduta portar pace e riposo:
Frigio veglio in oblio
Pose l’antica sete
E si scordò d’esser fugace il rio
E con onde più chete
Stupido al suon restò Cocito e Lete.

A la bella Euridice
Fila stame novel Cloto pietosa
E la gradita sposa
Prende da’ Fati in don cantor felice.
Violati gl’imperi
Per quelle ombre nocenti
Volge a lei, che lo segue, occhi e pensieri:
E sciorsi mira ai venti
Misero, i premi de’ suoi puri accenti.

Svelate voi cortesi
A le mie note Rodopee spelonche
Le querele, che tronche
Dal duolo ei sparse e i suoi sospiri accesi.
Per le rapide sponde
Stringe pietà verace
A sì strane sventure il corso a l’onde
E pauroso il Trace
Teme a l’Ebro non manchi il piè fugace.

Ma non soffre il destino,
Che verace valor sempre sospiri:
Sugli eterni Zaffiri
Combattuta virtù s’apre il camino.
Dal Ciel cortese in sorte
Pregio novello impetra;
Che non giunge là su colpo di morte:
E fiammeggiar su l’etra
Ecco sparsa di rai la nobil cetra.

Ma chi sia, che prepare
A la tua cetra d’or fregio stellato?
In Ciel, LEONORA, il Fato
Fia, che sveli per te luci più chiare,
Ah ben tuo canto è degno,
Che di novello onore
Fregi la man de’ Fati etereo regno
E con doppio splendore
Anco gemina lira il mondo onore.

Rompa l’arcier di Gnido
L’armi temute, onde trionfa in guerra
E vergognoso a terra
Giacer miri abbattuto ogni suo grido.
Su ’l nobil’arco illustre
De la tua lira incocchi
L’acuto stral furtivo amore industre
Et avverrà, che scocchi
Strali ardenti la destra a par degli occhi.

Aureo pennel, ch’ardito
Dar sapesti a le tele alta favella,
Devo gloria sì bella
A tuoi color, che per stupore addito.
Ceda Memfi a tuoi pregi,
Memfi, che contra l’armi
Del tempo ai sassi accrebbe onori e fregi,
Memfi, ch’in muti carmi
Scolpì le fere e fè loquaci i marmi.

Curva prode natura
Fiero nunzio di duol sul ciglio altero,
Arco bruno e guerriero,
Che da giri di foco, avventa arsura.
Ma con arte maestra
Emulator de’ guardi
Di novo arco e gentil s’arma la destra:
Onde fuggire è tardi,
La man saetti, o vibri il ciglio i dardi.

Genti, o voi, che celate
Duro core e selvaggio in uman velo,
Di sarmatico gielo
Agli assalti d’amor l’alme indurate,
Per le nomadi selve
Con accorto consiglio
Di ferità spogliate orride belve:
Folli, l’aspro periglio
Fuggite e chi sostien l’armi d’un ciglio?

Ma non sia già, ch’io frodi
L’armonia, che tra perle e tra robini
Forma accenti divini
E lor non renda il mio cantar le lodi.
Arresta ubbidiente
A tue musiche note
I più rapidi giri il sol corrente
E rapite e divote
Corrono l’alme, o stan nel guardo immote.

Tu BERLINGIER, che puoi
Tesser contra la morte illustri inganni,
Oltre le vie degli anni
Fa che voli virtù ne’ carmi tuoi.
Palma sia di Parnaso,
Ch’al tuo canto gentile
Nel Ciel LEONORA non paventi Occaso;
Io riverente umile
Al suo nome immortal sacra il mio stile.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.26

Scheda a cura di Nadia Amendola
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