Scheda n. 7605

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Il Gelsomino

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 117-123

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

A più lontano polo. Forma non specificata, Il Gelsomino

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

A più lontano polo
Dagli orti di Elicona
Disciogli, o Musa, a le tue penne il volo.
Quivi a la tua corona
Sovra più liete arene
Offre candido fiore altro Ippocrene.

Al bel virgineo coro
Più non adorni il crine
Antico fregio di sacrato alloro:
In più ricco confine
Serba odorato fiore
A la sua chioma d’or gloria migliore.

Cantò già plettro argivo
Fiore, cui diede il vanto
D’impudica beltà sangue lascivo:
Or di più nobil canto
Apre novo camino
A le cetre toscane il GELSOMINO.

Narri Creta fastosa,
Ch’a fulmini tonanti
Diede ne’ campi suoi culla famosa:
Vil pregio, onde si vanti,
In rozza culla amica
I vagiti raccor d’alma impudica.

Apprese allor primiero
A seminare inganni
Ne’ più liberi petti Idalio arciero.
Quindi fra novi affanni
Pianse con onde amare
Violata onestà pietoso il mare.

Entro ferrea caverna
Chiuse bellezza invano
Di sollecito onor cura paterna;
Che cieco amore insano
Allor con aureo nembo
a le mura gelose aperse il grembo.

Ma quando apristi al giorno,
O vago fior le foglie
Di candor peregrino il manto adorno;
Con purissime voglie
Gentile alma cortese
Di pudica onestà le leggi apprese.

Con immortal memoria
Destossi allor ne’ cori
Spirto novello di novella gloria.
In que’ puri candori
Speme d’alta mercede
Insegnò altrui di non macchiar sua fede.

Se lieta alma ben nata
Fregia con mano industre,
De tuoi vaghi splendor sua chioma aurata;
O nobil fiore illustre,
Dice in muta favella:
Nel mio sen pura fé non è men bella.

Sensi d’onor sì chiari
Onestate sì pura,
Perché non sveli amor, dove s’impari?
E maestra natura,
Ch’entro candide fronde
Spirti sì gloriosi altrui nasconde.

Ch’empio drago vegghiante
Ne’ regni de l’Occaso
Guardasse i pomi d’oro al vecchio Atlante;
Grido fu di Parnaso,
Esperia e qual tua laude
A sì bella mensogna il mondo applaude.

Di nemico veleno
Di più livido fele
Ognor gravido il guardo e gonfio il seno
L’empio mostro crudele
Del pretioso innesto
Sede vigil custode Argo funesto.

Alma non è sì forte,
Che per timor non cada
Al primiero apparir de l’auree porte.
Su la deserta strada
Per le campagne incolte
Biancheggian di lontano ossa insepolte.

Il terror de le belve,
Che di sua clava armato
Di fieri mostri impoverì le selve,
Contra l’orrido fiato
D’atro veleno infetto
Porta securo e non agghiaccia il petto.

O quai s’odon per tutto
Uscir da l’ampia gola
Gemiti di terror, fischi di lutto!
Ecco trafitta e sola
Sovra l’arida sabbia
Giacer la fera e sospirar di rabbia.

De l’ampia soglia i sassi
Il vincitore augusto
Preme già trionfante e frena i passi.
A lo splendor vetusto
Cedon rive temute
Che non puote in un cor regia virtute?

Ma per sì lunga via,
Candido fior di latte,
Dove antica memoria or mi disvia?
A le tue glorie intatte
Con grido più verace
Sacra la tromba sua fama loquace.

Non con tosco mortale
A la tua guardia assiso
Stassi cinto di fiamme amor, c’ha l’ale
Ma sol fra scherzo e riso
Contento ognor si gode
Fatto d’argenteo fior più bel custode.

Valore e gentilezza
Con pudica onestade
Arman vigile amor, ma senza asprezza.
Lusinghiera beltade
Se di fè l’alme accende;
Riverenza la soglia altrui contende.

Contra l’armi omicide,
Onde amore fere e punge
Non ha qua giù securo petto Alcide.
Dove suo stral non giunge
Prima, che l’arco scocchi,
Trapassa il fulminar di duo begl’occhi.

Di queste palme e pregi
Gelsomin glorioso
Il tuo puro candor solo si fregi;
Non perché luminoso
Oscuri in Oriente
I più lucidi fiori al dì nascente.

Ma de’ miei carmi, o Dea,
Qui dunque agli odor suoi
Non porgerà tributo aurea febea?
Pianta ne’ campi Eoi
Non stilla odor sì fini
Ch’in paragon non ceda e non s’inchini.

Se bianca man di neve
Veste candida spoglia,
Che da sì nobil fior gloria riceve;
Le sue merci raccoglia
L’Indo: suo fasto è vile:
Sol trionfa qua giù fior sì gentile.

De le veloci antenne
Per le vie d’Anfitrite
Curioso nocchier scioglie le penne.
Con pronte voglie ardite
Sotto scudo di smalto
Va d’Aquilone a sostener l’assalto.

Per non visti sentieri
Di procellosi regni
Corre strane contrade e novi imperi;
Perch’a suoi lidi i legni
Tornino carchi e gravi
D’aurei succhi odorati e più soavi.

Folle! volgi la prora.
Per le campagne ascree
Odor non vola già, c’abbia l’aurora.
A le castalie dee
Nel sen d’un fior qui lice
Additar nova Arabia e più felice.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.22

Scheda a cura di Nadia Amendola
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