Scheda n. 7604

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

In morte del Serenissimo Gio. Agostino De Marini Duce di Genova. Al Signore Marchese Anton Giulio Brignole Sale

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 112-116

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Di lugustici eroi madre feconda. Forma non specificata, In morte del Serenissimo Gio. Agostino De Marini Duce di Genova. Al Signore Marchese Anton Giulio Brignole Sale

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Di lugistici eroi madre feconda,
Genova trionfante;
Se luce in Ciel seconda
Sempre sui regni tuoi giri il sembiante;
Di novi lumi adorno
Godi, che al cantar mio
Dal seno de l’oblio
Fra tuoi spirti più degni io svegli al giorno
Il gran Duce MARINI e sia tua gloria,
Ch’altrui tessa di lui famosa istoria.

L’opra è degna di te GIULIO, ch’avvinto
Di sacra fronda il crine
Puoi far, che Delo e Cinto
Gravin la destra tua d’armi divine.
Tu, che spargendo i nomi
Di nettare immortale
De la fama su l’ale
Ergi te stesso e gli anni ha vinti e domi;
Canta l’eroe, ch’io piango e ne tuoi fogli
Sorga del tempo a debellar gli orgogli.

Se duro arco fatal morte nemica
Inesorabil tende,
E di valore amica
Anima eccelsa a saettar si prende;
Non ha cingo Parnaso,
Coronato d’alloro,
Che con dardo canoro
Tosto non s’armi a vendicar l’occaso
Di virtù combattuta e in Pindo alteri
S’odono risonar carmi guerrieri.

E ben oggi ha Liguria onde le cetre
De suoi figli più chiari
Contra le crude e tetre
Armi di morte a l’armonia prepari.
Al ferir de la rea
In perigliosa guerra
Cadde recisa a terra
D’alto valor la più sublime idea;
Cadde il MARINI e tramontò fra sole
Ombre di duol di bella gloria il Sole.

Non far più Musa a tuoi sospiri il segno
De suoi grandi avi i prieghi:
Spieghi cantor più degno
Su plettro d’or sì gloriosi fregi
E dove procelloso
L’Istro con pie’ non lento
Porta flutti d’argento
De l’Oceano tributario ondoso,
Stenda veloce al Ciel le penne e conti
Di sua stirpe famosa i primi fonti.

Ma lontana memoria oggi non chiama
A far di lei parola:
Aura nova di fama
Perché lieto ne’ canti, al cor s’en vola.
Qual fosse il tuo periglio,
Reina allor, che fiero
Col Gallo il Leon nero.
Scese da l’Alpi a insanguinar l’artiglio;
Se ’l vide Italia; ma Virtù non teme
Colpo, ch’inaspettato intorno freme.

Al folgorar de peregrini usberghi
Al tonar de metalli
Scuotonsi i chiusi alberghi
E rispondon lontani e monti e valli.
Per gli arenosi campi
Tinto di sangue il flutto
Esce sdegnato e tutto
Par, che d’incendio martiale avvampi
Fervido il mondo: in bellicosi accenti
Fischian per l’aria a fiera pugna i venti.

O come saggio a tua difesa e forte.
Sorse Agostino allora!
Per spavento di morte
Mai generoso cor non si scolora,
Di Marte al primo suono
Volge pronto il sembiante,
E con man non curante
Di privato tesor libero dono
Offre a la patria e Giano in su l’arene
Vide novo fiorir palme serene.

Perché di mura eterne ampia struttura
S’estolla in un baleno,
Con sollecita cura
Vassi de’ monti a sviscerare il seno.
Al gran disegno inteso
Suda intorno oggi fabbro
Di duro sasso e scabbro
A domar l’ire e di sì nobil peso
Insuperbiti il suol negletti, oscuri
Già fa tecer di Babilonia i muri.

Ma da colpo, che destra insidiosa
Congiurata a tuoi danni,
Con cieca frode ascosa
Fa nemica volar sparso d’inganni,
Chi sia che ti difenda?
De la perfida infame
Svelar l’occulte trame
Sia tuo vanto MARINI: a te s’appenda
Inno di lode Tu sapesti audace
Far, ch’altri regni e che trionfi in pace.

Mentre libero al suon disciogli i detti
A fulminar gli infidi;
D’atro veleno infetti
Vibransi nel tuo sen strali omicidi.
Stringe barbaro acciaro
Più d’una destra ardita.
Ferma; che de la vita
Non è valore a la sua Patria avaro:
Gode ne’ danni. E chi ne’ rischi appresso
A più degna cagione offre se stesso?

Ma d’un sentier sempre calcar le sponde
Pensier sorsi sia vile.
De l’Ocean per l’onde
Scioglia penna febea volo gentile
E miri a cenni tuoi
Scendere al mare i boschi
E più folti e più foschi,
Ch’albergasser mai fera e degli Eoi
Sotto felici e fortunate stelle
Volino a trionfar prore novelle.

Ecco già serve l’opra, ecco dal lido
A Cielo più lontano
Passa veloce il grido
A tinger di pallor volto africano.
Serenate la fronte
Genti, o voi, che captive
Su le barbare dive
L’ore traete in fra gl’oltraggi e l’onte.
Tranquillate le luci: a vostro scampo
Fan guerra i boschi e ogni fronda è un lampo.

E sia poi, che di pianto ampia mercede
Si nieghi oggi a fortezza,
Ch’intrepida non cede
A minaccie di morte e le disprezza
A le ceneri illustri
Con note più sonore
Tributo di dolore
Paghi Permesso, espugnator de i lustri:
L’età, ch’i nomi altrui col volo strugge;
Dove Pindo saetta, indarno fugge.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.21

Scheda a cura di Nadia Amendola
Ultima modifica: