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Titolo uniforme
Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Di lugistici eroi madre feconda,
Genova trionfante;
Se luce in Ciel seconda
Sempre sui regni tuoi giri il sembiante;
Di novi lumi adorno
Godi, che al cantar mio
Dal seno de l’oblio
Fra tuoi spirti più degni io svegli al giorno
Il gran Duce MARINI e sia tua gloria,
Ch’altrui tessa di lui famosa istoria.
L’opra è degna di te GIULIO, ch’avvinto
Di sacra fronda il crine
Puoi far, che Delo e Cinto
Gravin la destra tua d’armi divine.
Tu, che spargendo i nomi
Di nettare immortale
De la fama su l’ale
Ergi te stesso e gli anni ha vinti e domi;
Canta l’eroe, ch’io piango e ne tuoi fogli
Sorga del tempo a debellar gli orgogli.
Se duro arco fatal morte nemica
Inesorabil tende,
E di valore amica
Anima eccelsa a saettar si prende;
Non ha cingo Parnaso,
Coronato d’alloro,
Che con dardo canoro
Tosto non s’armi a vendicar l’occaso
Di virtù combattuta e in Pindo alteri
S’odono risonar carmi guerrieri.
E ben oggi ha Liguria onde le cetre
De suoi figli più chiari
Contra le crude e tetre
Armi di morte a l’armonia prepari.
Al ferir de la rea
In perigliosa guerra
Cadde recisa a terra
D’alto valor la più sublime idea;
Cadde il MARINI e tramontò fra sole
Ombre di duol di bella gloria il Sole.
Non far più Musa a tuoi sospiri il segno
De suoi grandi avi i prieghi:
Spieghi cantor più degno
Su plettro d’or sì gloriosi fregi
E dove procelloso
L’Istro con pie’ non lento
Porta flutti d’argento
De l’Oceano tributario ondoso,
Stenda veloce al Ciel le penne e conti
Di sua stirpe famosa i primi fonti.
Ma lontana memoria oggi non chiama
A far di lei parola:
Aura nova di fama
Perché lieto ne’ canti, al cor s’en vola.
Qual fosse il tuo periglio,
Reina allor, che fiero
Col Gallo il Leon nero.
Scese da l’Alpi a insanguinar l’artiglio;
Se ’l vide Italia; ma Virtù non teme
Colpo, ch’inaspettato intorno freme.
Al folgorar de peregrini usberghi
Al tonar de metalli
Scuotonsi i chiusi alberghi
E rispondon lontani e monti e valli.
Per gli arenosi campi
Tinto di sangue il flutto
Esce sdegnato e tutto
Par, che d’incendio martiale avvampi
Fervido il mondo: in bellicosi accenti
Fischian per l’aria a fiera pugna i venti.
O come saggio a tua difesa e forte.
Sorse Agostino allora!
Per spavento di morte
Mai generoso cor non si scolora,
Di Marte al primo suono
Volge pronto il sembiante,
E con man non curante
Di privato tesor libero dono
Offre a la patria e Giano in su l’arene
Vide novo fiorir palme serene.
Perché di mura eterne ampia struttura
S’estolla in un baleno,
Con sollecita cura
Vassi de’ monti a sviscerare il seno.
Al gran disegno inteso
Suda intorno oggi fabbro
Di duro sasso e scabbro
A domar l’ire e di sì nobil peso
Insuperbiti il suol negletti, oscuri
Già fa tecer di Babilonia i muri.
Ma da colpo, che destra insidiosa
Congiurata a tuoi danni,
Con cieca frode ascosa
Fa nemica volar sparso d’inganni,
Chi sia che ti difenda?
De la perfida infame
Svelar l’occulte trame
Sia tuo vanto MARINI: a te s’appenda
Inno di lode Tu sapesti audace
Far, ch’altri regni e che trionfi in pace.
Mentre libero al suon disciogli i detti
A fulminar gli infidi;
D’atro veleno infetti
Vibransi nel tuo sen strali omicidi.
Stringe barbaro acciaro
Più d’una destra ardita.
Ferma; che de la vita
Non è valore a la sua Patria avaro:
Gode ne’ danni. E chi ne’ rischi appresso
A più degna cagione offre se stesso?
Ma d’un sentier sempre calcar le sponde
Pensier sorsi sia vile.
De l’Ocean per l’onde
Scioglia penna febea volo gentile
E miri a cenni tuoi
Scendere al mare i boschi
E più folti e più foschi,
Ch’albergasser mai fera e degli Eoi
Sotto felici e fortunate stelle
Volino a trionfar prore novelle.
Ecco già serve l’opra, ecco dal lido
A Cielo più lontano
Passa veloce il grido
A tinger di pallor volto africano.
Serenate la fronte
Genti, o voi, che captive
Su le barbare dive
L’ore traete in fra gl’oltraggi e l’onte.
Tranquillate le luci: a vostro scampo
Fan guerra i boschi e ogni fronda è un lampo.
E sia poi, che di pianto ampia mercede
Si nieghi oggi a fortezza,
Ch’intrepida non cede
A minaccie di morte e le disprezza
A le ceneri illustri
Con note più sonore
Tributo di dolore
Paghi Permesso, espugnator de i lustri:
L’età, ch’i nomi altrui col volo strugge;
Dove Pindo saetta, indarno fugge.
Paese
Lingua
Segnatura
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.21
Scheda a cura di Nadia Amendola