Scheda n. 7600

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1667

Titolo

Al Signor Francesco Mancini nel ponersi in abito lungo. Già fra stuol di donzelle ascoso vide

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Benigni, Domenico (1596-1653)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, pp. 90-95

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Già fra stuol di donzelle ascoso vide. Forma non specificata, Al Signor Francesco Mancini nel ponersi in abito lungo

Bibliografia

Trascrizione del testo poetico

Già fra stuol di donzelle ascoso vide
Da materna pietà sciro fastosa
Sotto feminea d’or veste pomposa
Ignoto altrui folgoreggiar Pelide.

Volse le ciglia da l’emonie selve
Stupido allora al suo guerrier Chirone;
E mirò sospirando in rea magione
Otioso il terror de l’empie belve.

Su le tele al ferir d’ago pungente
Vergognosa languia l’invitta destra,
Che vibrar già dovea fatta maestra
Ne le frigie falangi asta nocente.

Ma come in darno per gli aerei campi
S’oppone al sol gelida nube e nera:
Tal d’ignoto campion virtù guerriera
Entro spoglie mentite aprì suoi lampi.

Di Laerte il guerrier con nobil vanto
Del tessalico eroe l’alma feroce
Tolse a molli riposi ond’ei veloce
Armato corse a fulminar sul Xanto.

O qual d’orrida tema aspro rigore
Al novo lampeggiar de l’armi ostili
Ne patrij tetti impallidite e vili
Correr sentiro al cor Dardanie nuore.

Quando cinto di ferro al campo acheo
Minacciante passo ne le ruine
Di regie palme a coronare il crine
Il gran figlio di Teti e di Peleo.

Ma FRANCESCO per te l’ordin si muta:
Lascia a tuo pro le stelle Astrea pudica
E d’aurei fregi orna sua destra amica
Nel tuo sen giovanile alma canuta.

che da l’armi lontano in chiaro albergo
Scelse virginea man te suo seguace,
Perché fia sempre gloriosa in pace
Saggia toga al tuo cor fatale usbergo.

Ne di tromba guerriera i crudi fiati
Turberanno importuni il tuo riposo:
Ma con penna innocente in cella ascoso
Mover saprai più nobil guerra ai Fati.

Fra le stragi e gli orrori armi di Marte
Spargeran sangue a dissetar l’arene:
Ma per te fia sparo da chiuse vene
Sangue d’inchiostro ad avvivar le carte.

Uopo ben fia sovra cesarei sogli
Sovente impallidir purpuree gote
Perch’eterna virtù da fredde note
Di bel trionfo in sen l’anima muogli.

Allor vedrai fra mille schiere e mille
Seguir d’Astrea la riverita insegna
E contro a turba di virtute indegna
Pacifico pugnar più d’un Achille.

Ma tu di lei fatto guerrier più franco
Arma di gloria eterna i pensier tui;
Perché le palme e i trionfi altrui
Ti sian stimoli acuti al nobil fianco.

Indi potrai mover securo i passi,
Ove scorta sì grande a sé ti chiama;
Che non turban d’onore ardente brama
Acutissimi dumi, o freddi sassi.

Ma di tema servil gelato affetto
Dal tuo cor generoso erri lontano,
E contra te frema turbato in vano
D’empio tiranno il minaccioso aspetto.

Dal Ciel cangian le stelle e scossa treme
L’immobil terra e fosco il sol tramonte,
Purché premano a te l’altera fonte
Non paurosa le ruine estreme.

Per alpestre sentiero al Ciel s’ascende:
Non ha gloria qua giù calle più bello;
Quindi spera virtù fregio novello:
Combattuto valor vie più risplende.

Turba infedel di strepitoso foro
Per arrestar di tua virtute i vanni
Vedrai sovente con novelli inganni
Sparger a piena mano i pomi d’oro.

Cacciatore così, che già gli artigli
D’empia fera arrotar sente a le spalle,
Sparge il sentier di cristallina pelle
Perché a barbara tigre involi i figli.

Tu con volto sincero e non curante
D’ingannatrce man sprezza i tesori
Serba il Cielo al tuo crin più degni ori
Non ha meta virtù d’or fiammeggiante.

Non alberghi tuo cor di fiera voglia
Spirto, ch’a vil guadagno erge il periglio
Spesso ne suoi giuditij antico Impero
Di regio manto impoverisce e spoglia.

Qui meco a tuoi pensieri impenna l’ale
E stupido vedrai sui colli d’Ida
Minacciata punir fiamma omicida
D’arbitrio temerario alma venale.

Glorioso desio d’aurato pomo
Nobil contrasto fra le dive accese,
Che non sdegnaro ignude a le contese
Di bellezza immortal giudice un uomo,

Ricca allor di beltà l’Idalia dea
Offre chiare bellezze; ardita prega;
E ne la pugna allettatrice piega
L’abitator de la spelonca idea.

Così del pomo d’or lieto consola
La dea di Cipri il pastore mal saggio;
Ma fra le fiamme con nemico oltraggio
A la paterna man lo scettro invola.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.17

Scheda a cura di Nadia Amendola
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