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Legami a persone
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Titolo uniforme
Bibliografia
Trascrizione del testo poetico
Di saette novelle,
Signor, grava la corda a la mia lira
E la destra mi tira
Con nuovi carmi a vendicar le stelle
Profano ardir mendace;
Ch’osa tra l’ombre oscure
Affissar non mai stanco il guardo audace
E con luci secure
Temerario svelar l’altrui sventure.
Mercennario ingegnoso
Strane leggi sovente al Cielo impone:
Vende scettri e corone
Et altrui sue menzogne orna pomposo.
Sovra gemmati troni
A suo voler disserra
Di fortuna crudel saette e tuoni
E con armi di guerra
Le morti ei sogna e gli ampi regni atterra.
E non sia po ch’io vuote
Contra sì ardito stuol la mia faretra?
O su rigida pietra
Eliconie quadrella io non arruote?
Nel bersaglio ch’accenna
Mio stral, deh scudo farmi
Vogli, Signor, de la tua nobil penna;
Tu, ch’avrei plettri e carmi
Tratti in Pindo non men che scettri e armi.
Nutre al figlio di Sara
Fida Consorte in sen gemina prole,
Ch’ancor le luci al sole
Chiude e discorde pur risse prepara.
Con preludi nocenti
I pargoletti infanti
Trattan non conosciute ire innocenti
E senton guerreggianti
Lo sdegno in sen pria che su ’l volto i pianti.
Escon poscia ne’ campi,
Che di luce colora in sole eterno
E dal seno materno
Portan di lor fortune i primi lampi.
Stringe il minor, che nasce,
Al suo german le piante,
Quasi tenti rapir le prime fasce
E con man vacillante
Fonda i principij al soglio d’or pesante.
Sovra di lui secondo
Apre de’ suoi tesori il Ciel gli abissi
E gli astri erranti e fissi
Tributario al suo piede offrono il mondo.
Contra il German risplende
Il Ciel turbato in faccia
E funesta ogni stella arde e s’accende:
Dal patrio nido il caccia
E ne’ campi Idumei servo il minaccia.
E non sarà che sveli
Curioso il mio stil gli alti destini?
Come sì repentini
Valgon l su l’eterno corso i Cieli?
Con luminosi ardori
Ah che non san le sfere
Piovere in un sol punto ire ed amori?
Come luci sì altere
Fia, che splendano in un liete e severe?
Sul regio calle e piano
Non chiedean l’opre lor pena o mercede
Che traviato il piede
Non armava di strali al Ciel la mano.
Negli abissi increati
Del destino già degni
Eran d’odio e d’amor prima che nati.
Chi ne la destra ha i regi
In Ciel parte a sua voglia amori e sdegni.
Ma se turbato e chiaro
In un sol punto il Ciel non splende altrui
E là, ne’ moti sui
Non si raggira in un cortese e avaro:
Da variati aspetti
Ch’età disgiunge e parte,
Com’esser può ch’un sol destin s’aspetti!
E cangi albergo e parte
E pur minacci ogn’or Saturno e Marte?
Crede agli Euri le vele
Su l’antenne il nocchier ch’esce di porto
E ne’ perigli accorto
Non paventa il soffiar d’Austro crudele.
Cento guerrieri e cento
Su la dorata prora
Portano a Regni altrui doglia e spavento
E van dove s’infiora
Di rose il Cielo a trionfar l’aurora.
Ma chi dà legge al mare?
Ecco repente il Ciel si turba e l’onde,
Violate le sponde,
Osan le stelle d’oscurar più chiare.
Sarte rotte e antenne
Volan d’intorno e sciolto
Già par ch’il legno altrui la morte accenne,
De’ flutti al furor stolto
Cade scherzo de’ venti in mar sepolto.
Duro fato, empio duolo,
Che di lagrime aspergi egri mortali!
Mille stami vitali
Come caggion recisi a un colpo solo?
Forse crudeli, infesti
A lor natali in Cielo
Fiammeggiarono sol lumi funesti?
E da stellato velo
Rotò Marte mai sempre orrido telo?
A furor sì maligni
Dove timidi allor volgeste il tergo,
O in qual lucente albergo
Vostri raggi ascondeste, astri benigni?
Ah come, Idalia Dea,
Mirasti a ciglio asciutto
Duro fato apprestare onda Eritrea?
E non potrai; dal flutto
Nata, fugar da l’onde orrore e lutto?
Su l’albergo stellato
Non già mia Clio tuoi serti d’oro addita:
Stan gl’imperi e la vita
Ne la destra, che fe’ le stelle e ’l fato,
Tra quei lampi di lime,
Che sovra il Ciel scintilla,
Altri fissar lo sguardo invan presume.
In se stesso sfavilla
E suoi rai non sostien fragil pupilla.
Paese
Lingua
Segnatura
fondo Borromini
collocazione S. Borr. Q.IV.223.13
Scheda a cura di Nadia Amendola