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Bibliografia
Descrizione analitica
[...]co aprio
O perfide stelle
De le mie gioie al corso
Cieco amore del mio core
Acque crude, aure avverse, ingiusto caso
Caro leandro amato
Insepolto su le arene
Tu senz'alma, io senza core
Numi, s'è ver che la natura e 'l fato
Deh fate ch’arda in un sol rogo almeno
Dove trascorro, dove
Mai sempre le sfere
Tacque intanto la bella
Trascrizione del testo poetico
[...]co aprio.
O perfide stelle
All’hor che più belle
Splendete là su,
Di sorti rubelle
V’armate qua giù.
A lampo fugace
Di gioia mendace
Succedon tempeste
Di cure moleste,
E presagisce in tanto
D’un riso al balenar pioggia di pianto.
De le mie gioie al corso
Qual’intoppo frapon sorte crudele,
Con mie giuste querele
Ove mi volgo ad implorar soccorso?
Mentre d’alma languente
L’affannato dolor morte non sente.
Cieco amore del mio core
Il rimbombo de’ sospiri
Più non odi, o pur godi
De’ miei fervidi martiri.
Ah che amor con pene amare
Sa ferir ma non sanare.
Acque crude, aure avverse, ingiusto caso
Com’esser può che il mare,
Che le gioie produce a me le tolga?
E se Febo tal hor giunge a l’occaso,
Entro quell’onde amare
Fa che l’ombre, sorgendo, al ciel ritolga,
Ma se avvien che raccolga
Nettuno il sol che a gli occhi miei risplende,
Quel che vivo rapì morto mi rende.
Caro Leandro amato.
E perché nel sen di Theti
Mendicar’ i flutti inquieti
Per trovar l’ultimo fato?
Caro Leandro amato.
Insepolto su l’arene
Ti contemplo, o mio tesoro,
Infelice, ed io non moro
Sepellita in mar di pene.
Tu senz’alma, io senza core.
Tu da l’onde lacerato,
Io trafitta dal dolore
Spirerò l’ultimo fiato.
Caro Leandro amato.
Numi, s’è ver che la natura e ’l fato
Soggetti al pié superno
Con legge inalterabile tenete,
Deh per pietà, che a noi ‘l poter è dato
Tosto dal cieco Averno
L’alma rapita al bel garzon rendete,
O s’iniqui non sete,
Deh fate ch’arda in un sol rogo almeno
Le nostre membra il mongibel che ho in seno.
Dove trascorro, dove,
Se a pietà de’ miei mali
Il mio languir non muove,
Mai sempre le sfere
Ver me più severe
Scherniscono i prieghi,
Aita mi neghi
Il cielo, il mare, i dei,
Che funesti trofei
Con la mia morte alfine
Saran de l’ira lor le mie ruine».
Tacque intanto la bella,
E da la rocca in grembo al caro bene
Precipitando in giù cadde su ‘l lido.
Così mentre da l’alto al suol trabocca
Con la vita le pene in braccio spira
Al giovane d’Abido,
Fin che del veglio infido
Dibattendo Acheronte il fatal remo
Porta l’alme congiunte al passo estremo.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Cass. 23.1
Scheda a cura di Alice Sbrilli