Scheda n. 485

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1640-1660

Titolo

E quando mai s’udì

Presentazione

Partitura

Fa parte di

[Arie e cantate] (n. 207/39)

Redazione

[Roma : copia, 1640-1660]

Descrizione fisica

C. 247-256v

Filigrana

Non rilevata

Note

Tit. dall’incipit testuale; cartulazione coeva 256-265v; in 2.1 indicato: Aria

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo, c)
S, E quando mai s'udì
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2.1: (aria, sol minore, c)
C-1, E mie voci saettate
3.1: (aria, sol minore, 3/1)
S, O tiranna crudeltà
4.1: (recitativo, c)
S, Tacete pur tacete
5.1: (aria, sol minore, c)
Ma voi pensieri audaci
6.1: (aria, sol minore, 3/1)
S, Parlate e poi chi sa
7.1: (recitativo-arioso, sol minore, c)
S, Nell'inferno d'amore

Trascrizione del testo poetico

E quando mai s’udì
Tra la dolente schiera
Del cieco alato Dio
Duolo maggior del mio
La crudel che mi ferì
Vuol ch’io taccia e vuol ch’io mora
E se vede che talora
Per ridir l’aspre mie pene
Su le labbra il cor mi viene
Dell’irato arco del ciglio
Secca in me dardo mortale

E mie voci saettate
Sfortunate
Han la morte in su’l natale.

Oh tiranna crudeltà
Ch’in un mar d’aspri tormenti
Nieghi ancor con mesti accenti
A chi si move il domandar pietà
Oh tiran[n]a crudeltà.

Tacete pur tacete
O favolosi carmi
Ne dite più che già dal sol percorsi
Abbian parlato effigiat’i marmi
Ch’il mio sol scioglie a me voci e parole
E mi cangia in sa[cco?] muto
E per sempre il mio mal prendesi a gioco
Vuol ch’in me ciascun rimiri
Tra lo stuol de miei martiri
Una lingua di ghiaccio un cor di foco

Ma voi pensieri audaci
Voi miei spirti loquaci
Che lungi dal mio sol cotanto ardite
Dove al giunger di lui fuggite
Temerari il volo alzate
Quando lungi è il mio sol Nume
Poi percossi dal suo lume
Tra l’ombre del silenzio
Notturni augelli a ricovrar n’andate
Formar forse sdegnati
In un prieghi e lamenti
Per dimandar pietà.
Parlate e poi chi sa
Non sempre il Cielo a voto
D’una lingua lo stral a ferir va
Ne sempre in van si prega
Una crudel beltà

Parlate e poi chi sa.
D’una voce il suon dolente
Sa placar alma di pietra
E sovente un [h]oime la vita impetra
E felice coi prieghi il cor si fà
Parlate e poi chi sa

Nell’inferno d’amore
Il dolersi tacendo è il duol maggiore
Ne merta un cor aiuto
Mentre in cento ferite
Apre ogn’or cento bocche e pur è muto.
Dunque voi spirti loquaci
Su le labbra a me venite
E il mio duolo a lui ridite
A cui lingua il cor per dirlo non ha.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rn - Roma - Biblioteca Nazionale Centrale
collocazione MS Musicali 141 [71.9.A.33].39

Scheda a cura di Tiziana Affortunato
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