Scheda n. 6528

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Testo per musica a stampa

Data

Data certa, 1674

Titolo

Penelope impaziente

Presentazione

Legami a persone

autore del testo per musica: Monesio, Pietro Giovanni (?-1684)

Pubblicazione

Copia

Descrizione fisica

Parte prima, p. 16-20

Filigrana

Non rilevata

Titolo uniforme

Già di Troia le mura. Forma non specificata

Trascrizione del testo poetico

Già di Troia le mura
Esca del foco Argivo
Converse in polve una guerriera arsura,
E de la Rocca altera,
De l’adulto Troian primiero vanto,
Bevute avea l’arse reliquie il Xanto;
E mentre al patrio suolo il piè volgea
Vittorioso il Greco,
A pro de’suoi trofei
De gli oricalchi Achéi
S’udiua rimbombar festosa un’eco;
Ma Penelope afflitta
De l’Itaco Signor sposa dolente,
Che sol di Ulisse udia la fama invitta,
E l’aspetto gradito
Mai non vedea del vincitor marito;
Impaziente al fine
Di più lunghe dimore,
Stimolato il suo core
Dal fiero spron d’un importuno affetto,
Prima scatenò dal petto,
E poscia fe’ per l’aere in suon feroce
Vagabonda così scorrer la voce.

Ulisse e dov’è?
L’Argive vittorie
Son meste memorie
Tropp’aspre per me.
Ulisse e dov’è?

Al suon d’ogni tromba
Per tutto rimbomba
Con voce festiva
Viva Ulisse, viva, viva;
Mà ne’ publici contenti
Sol’io peno infra i tormenti,
Sol languisce la mia fè.
Ulisse e dov’è?

Mentre lieto, e festante
Ogniuno a pro d’Ulisse i vasi impugna
Colmi d’ambra spumante,
Miro con bel laoro
In quei calici d’oro
Del mio signor l’alte vittorie incise;
Tra mille fiamme e mille
Mirasi Enea col genitore Anchise
Fuggir de le faville,
E scolpito si vede in ogni loco
Benché dipinto, errar baccante il foco;
Che riflettendo quegli ardori impressi
Entro le tazze aurate
Par che fumino ancora i vini stessi.

Ma a quei trofei
Che gli occhi miei
Miran scolpiti,
Inumiditi
Versano intanto
Un mar di pianto;
Onde sono cagion, che ognior sospiro;
Veggio i trionfi, e’l Vincitor non miro.

Più che al Teucro incenerito
Già non fe’ l’Acheo Guerriero,
A miei danni incrudelito
Mi fa guerra il cieco arciero;
De la Troiana arsura io me ne rido;
Da più fiamme al cor mio l’empio Cupido.

Ma dove o caro Sposo,
Dove lungi da me volgi le piante
Peregrino vagante?
Priva d’ogni riposo,
Mesta, languida e sola
Senza l’ardor de le tue luci amate
Traggo in vedove piume ore gelate.
Se tu sapessi, oh Dio,
Quanti sono gli amanti,
Che molesti e arroganti,
Tendon lascive insidie al’onor mio,
Supplice pregheressi il vento amico,
Ch’a le tue pigre antenne
Imprestasse le penne;
Onde ratto e volante
A me rivolgessi il legno errante;
Ma tu posto in non cale
L’onor tuo, la mia fede,
Là dove più ti aggrada
Volgi perfido il piede,
Ed io mesta piangendo
Sovra l’Itaco lido
Chiamo chi non mi ascolta e al vento grido.

Tormenti ove siete,
La guerra v’intimo;
Se non mi uccidete
Codardi vi stimo.

Vi sfido a battaglia;
L’afflitto mio core
Si espugni, si assaglia
Infin che si more;

Ma voi tormenti fieri
Contumaci guerrieri
Non comparite ancora?
Ma senz’altra dimora
Ecco, che a me sen viene
Un numeroso esercito di pene;
Con altera baldanza
Gia s’inoltra e s’avanza,
Già, già vinta son’io;
Ecco dunque, ch’io moro, Ulisse, a dio.

Qui terminò i lamenti
La bella impaziente;
Onde mesta e piangente
Nel proferir quel doloroso addio
Cadde al suol, svenne, ma non morìo.

Sollecitate da importuni Amanti,
L’esser fide e costanti
A lontano Consorte
Le Penelopi solo ebbero in sorte.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rv - Roma - Biblioteca Vallicelliana
collocazione ARCA VII 24.6

Scheda a cura di Nadia Amendola
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