Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Fa parte di
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Titolo uniforme
Organico
Repertori bibliografici
Descrizione analitica
Là dove il mar con molli labra ogn’hora
Non ho lingua a dir che moro
Alle timide voci in quelle sponde
Le pupille del vago mio amore
Volea più dir ma la sua bella intanto
Basta un cenno a far cadere
Trascrizione del testo poetico
Là dove il mar con molli labra ogn’hora
Bacia di Pausillipo il seno adorno
A far più vago il giorno
Lilla il cielo d’Amor stanza e dimora.
Spesso con quelle arene
Celindo l’infelice
Numera le sue pene e così dice:
Non ho lingua a dir che moro
A colei che mi piagò
Nutro in sen aspro martoro
E pietà chieder non so.
Alle timide voci in quelle sponde
Eco sola risponde
E con grato furore
Replica ardir e core
All’hor fatto più audace
Per trovar qualche pace
Senza nomar colei che lo ferì
La dipinse così:
Le pupille del vago mio amore
Son due mori che schiavo mi fero
Son due soli vestiti di nero
Che mi portan incendio nel core.
Nelle guance vezzose
Ha li gigli e le rose
E le perl’e rubini
Risplendon della bocca in sui confini.
Spira gratie se ride
e parland’incatena
se si turba m’uccide
E mi ravviva poi se si serena.
Dal mar nasce il suo nome
E ben dovea esser così
Se par d’Amor la dea.
Volea più dir ma la sua bella intanto
Ch’il tutto udito havea gli ruppe il canto
Più volte al sen lo strinse e lo baciò
E poi così cantò:
Basta un cenno a far cadere
Bella donna ne i lacci d’Amore
Se vicino rimira il piacere
Cade subit’un fragile core.
E chi senza parlar spera pietà
Si strugga s’uccida che mai l’havrà.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Cantate 50 olim 33.5.38 deinde Arie 63.2
Scheda a cura di Teresa M. Gialdroni