Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Fa parte di
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Note
La cantata apparteneva a Gaetano Tedeschi, come specificato dall’ex libris a carta 8v, divenne poi parte della collezione di Giuseppe Sigismondo che fu acquisita dalla biblioteca del Conservatorio nel 1827; a carta 8v: "Il Bosi a [sic!] posto le parole".
Titolo uniforme
Organico
Repertori bibliografici
Descrizione analitica
Io che dal cor di Fille
Vorrà ch'io mora
Pur se a far che mi creda
Questa speranza sola
Trascrizione del testo poetico
Io che dal cor di Fille
Più d’ottener pietà non [ho] speranza
Col più fedele e più doglioso amante
Or contender vorrei
D’amor, d’aspro martir, d’alta costanza
Già Fille, ahi quanto ingrata
Più rigida che mai crudel, non crede
Il mio foco, il mio duol e la mia fede.
Vorrà ch’io mora
La bella ingrata
E forse all’ora
Mi crederà.
Ma se ciò fia
Troppo spietata
Ed è più ria
Del mostro fiero
Di crudeltà.
Pur se a far che mi creda
E a muover a pietà morir fia d’uopo
Ad onta d’empia sorte
Lieto m’accingo ad incontrar la morte.
Quindi in voi nudi sassi,
Alpestri balze e duri
Tronchi annosi, antri opachi e selve oscure
Quando priva dell’alma
Vedrassi estinta questa fredda salma
Di mirti ombrosi all’or voi la coprite
E alla donna spietata
Poi lacrimando dite:
Qui per amor svenossi e morto giace
Disprezzato da te Filen costante,
Di lui per darle pace
Qualche pietà ti muova, ed or che morto
Dar puoi al cener suo un van conforto.
Questa speranza sola
Il mio morir consola e mi da pace,
Per questa inutil sorte
La cruda acerba morte all’alma piace.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione Cantate 261 (=34.5.10).2
Scheda a cura di Giulia Giovani