Scheda n. 5819

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1640-1670

Titolo

Nella sacra spelonca

Presentazione

Partitura

Legami a persone

copista: Chiusi, Antonio

Fa parte di

Pubblicazione

[Roma : copia di Antonio Chiusi, 1640-1670]

Descrizione fisica

C. 4r-33v (olim: 1r-30v)

Filigrana

Non rilevata

Note

Titolo dall’incipit testuale; per il nome del copista v. "Bibliografia"; il testo è dedicato alla figura di Maria Maddalena; si tratta di un brano in stile recitativo le cui varie sezioni suggerite nella "Descrizione analitica" sono scritte senza soluzione di continuità

Titolo uniforme

Organico

Soprano e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo-arioso, c)
Nella sacra spelonca
%C-1@c 4-'8AA4F8FE/4FF8-AB''C
2.1: (recitativo-arioso, c)
O speco ella dicea
3.1: (recitativo-arioso, c)
Conosco qual macchiai
4.1: (refrain, c)
Peccai, Signor, peccai
5.1: (recitativo-arioso, c)
Occhi che foste scorta
6.1: (refrain, c)
Peccai, Signor, peccai
7.1: (recitativo-arioso, c)
Chiome che per mia pompa
8.1: (recitativo-arioso, c)
Fronte superba e rea
9.1: (recitativo-arioso, c)
Mani otiose e vane
10.1: (recitativo-arioso, c)
Misera il mio diletto
11.1: (recitativo-arioso, c)
O mortali, o mortali
12.1: (recitativo-arioso, c)
Ma benché oppressa e carca
13.1: (recitativo-arioso, c)
A sì pietose note inteneriti

Trascrizione del testo poetico

Nella sacra spelonca
Ch’alteramente honora
La città che dal mare il nome prende
La bellissima amante
Pianse in quei muti horrori
Sì dolcemente i suoi passati falli
Che gl’angelici chori
Obliando tal’hor la gioia e’l canto
Piangevano d’Amor al suo bel pianto.

O speco, ella dicea,
Caro porto giocondo
Ove dal mar del mondo
Raccolgo il passo errante.
A te, a te ricorro
Et in te spero aita
Peccatrice pentita
Agl’occhi de’ mortali io qui mi celo,
Piango i miei falli e chieggio pace al cielo.
Io ne’ regali alberghi
Già mai non ti conobbi
Mio Creator, mio Dio.
Hor in quest’ermi boschi
In mezzo agl’antri foschi
Ti conosco, t’adoro, ti desio
Mio Creator, mio Dio.

Conosco qual macchiai
Di mille indegne colpe
Opra della tua man l’anima bella.
Conosco qual errai
Per traviata via
Fatta del senso e del peccato ancella
Al tuo voler rubella.
Disprezzando le stelle il fango amai.

Peccai, Signor, peccai.
Io cadavero vile, io verme immondo
Offesi te che sei Signor del mondo.

Occhi che foste scorta
Agl’impuri diletti
Divenite di pianto eterne porte
Onde l’anima lavi i suoi difetti.
Deh per quai vili affetti
O purità del cielo io ti lasciai.

Peccai, signor, peccai.
Io cadavero vile, io verme immondo
Offesi te che sei Signor del mondo.

Chiome che per mia pompa
Erraste al vento sciolte
Ed hora in treccie [sic] avvolte
Feste di mille cor, misere prede.
Chiome mie troppo belle
Ma troppo a Dio rubelle
Chiome crescete tanto
Che vi facciate di voi stesse un velo
Al corpo indegno acciò no’l vegga il cielo.

Fronte superba e rea
Se ministra d’Inferno
Già t’abbellisti fra le gemme e fiori
Hor soffri ch’in emenda
De’ tuoi commessi errori
Io con quest’aspre spine
Imitando il martir del mio Signore
Passi le tempie con le tempie il core.

Mani otiose e vane
Se mi cingeste al collo
Pretioso monile
Primo del mar tesoro
Se mi cingeste al seno
Tempestata di gemme
Opra d’Assiria man porpora ed oro
Con più giusto lavoro
Mani da Dio contrite
Hora con quest’aspra selce funesta
Battete questo petto
Di vanità ricetto
Mai non cessate di mie colpe intanto
Quinci lavino il sangue e quivi il pianto.

Misera il mio diletto
L’unica gioia mia
Era un cristallo in cui mirando ogn’hora
Di mia fragil bellezza insuperbia
Hora la gioia mia
Il mio fidato speglio
E’ questo ignudo teschio
Dell’orgoglio mortal verace imago
Qui vagheggio i miei fasti
Qui l’humana superbia ogn’hor rimiro
E de’ miei folli Amor meco m’adiro.

O mortali, o mortali
Questa fu qual son io vaga donzella
Ch’hebbe d’oro la chioma
Ch’hebbe labra di rose
Hebbe negl’occhi e nella fronte Amore
Hor è tutta fetor, verme et horrore
Ohimè che qual è questa
Sarò tosto ancor io
Senza oro il crin e senza luce il guardo
All’hor che gioverammi
Questa vana beltade
Ah, se non mi difende
Signor la tua pietade
Ministra ella mi fia d’eterna guerra
Poiché nata per ciel amai la terra.

Ma benché oppressa e carca
Di mille colpe abominate e ree
Signor in ciò m’affido
Ch’io non son tanto rea quanto tu pio
E’ maggior o mio Dio
D’ogn’empia colpa mia la tua bontade
Rendimi per pietade
Rendimi il cielo che per me perdei
Che pur mio Dio mio Redentor tu sei
Quinci d’eterno pianto
Bagnando questi sassi
Implorerò Signor tua santa aita
Questa grotta romita
Sarà l’alto mio tetto
Saran le fiere mie compagne eterne
Saran le molli piume il nudo suolo
Le lagrime bevanda e cibo il duolo.

A sì pietose note inteneriti
I sempiterni amori
L’inalzavan sovente
Nel mortal corpo oltre l’empirei chori
Quivi gioiva et acquetava in Dio
La bella penitente il suo desio.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

I-Rc - Roma - Biblioteca Casanatense
fondo Baini
collocazione Ms. 2483.1

Scheda a cura di Giacomo Sciommeri
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