Scheda n. 4500

Tipo record

Scheda inferiore

Tipo documento

Musica manoscritta

Data

Data incerta, 1690-1700

Titolo

Cantata a voce sola con V.V. / [altra mano:] Pasquini

Presentazione

Partitura

Legami a persone

compositore: Pasquini, Bernardo (1637-1710)
possessore: Pamphilj, Benedetto (1653-1730; cardinale)
copista: Pertica, Giovanni (fine XVII-inizio XVIII sec.)

Fa parte di

[18 cantate e 2 arie] (n. 4487/13)

Redazione

Roma : copia, (1690-1700)

Descrizione fisica

C. 94-105v (olim c. 97-108v)

Filigrana

Non rilevata

Note

Cantata considerata dubbia in Nigito-Pasquini, in quanto il nome "Pasquini" è aggiunto da mano diversa. Il testo è conservato in forma anonima con il titolo "il Mario" in I-Rvat, Vat. lat. 15013, cc. 5-6, manoscritto datato 1699. Il testo si riferisce al console romano Caio Mario.

Titolo uniforme

Organico

Soprano, 2 violini e continuo

Repertori bibliografici

Descrizione analitica

1.1: (recitativo-arioso, la minore, c)
Questa, che resta ancora
2.1: (aria, fa maggiore, c)
Moli infrante, archi caduti
2.2: (aria, fa maggiore, c)
Che se irato il ciel s'oscura
3.1: (recitativo, c)
Chi cerca la mia cuna
4.1: (aria, re minore, c)
Se un vapore sollevasi a volo
4.2: (aria, re minore, c)
Benché sembri quest'alma negletta
5.1: (recitativo, c)
Silla, nemici, udite
5.2: (arioso, la minore, c)
E quanto penso a vendicarmi, io vivo.

Trascrizione del testo poetico

Questa, che resta ancora
Dell’estinta Cartago ombra Reina,
O quanto, Mario, o quanto
Invita, ah no, non deve
Su gl’occhi d’un guerrier fermarsi il pianto.
Il peregrino a pena
Sovra l’ignuda arena
Hor calpesta, hor ricopre
Dell’antico valor l’orme i trofei.
Cartagine, ove sei?
Odi, quel Mario io sono,
Che tante volte e tante
Nel Tebro festeggiante
Trassi a trionfi miei schiere d’eroi.
Ora ne lidi tuoi
Mal sicuro e negletto
Formo con dubbio piè timide l’orme
E con sorte conforme
Specchio io son de tuoi
Casi e tu de miei.
Cartagine, ove sei?

Moli infrante, archi caduti,
Consoliam le nostre pene,
Se perdemmo ambo abbattuti
Voi la pompa ed io la spene.

Che se irato il ciel s’oscura
E minaccia al suol ruine,
Sdegna il sen d’humil pianura,
Ma de monti atterra il crine.

Chi cerca la mia cuna,
Saprà, che vile io nacqui.
Chi numera i miei fasti,
Vedrà quanto il mio ardir deve a Fortuna.
Mitridate, Giugurta
E voi Cimbri e Numidi,
Dite, s’ho cor, che basti
A vincere il furor d’un mondo armato.
Ma forza è, che sovrasti
Ne deliri del fato
Vario tenore, onde si provi il forte.
Hor per me non si trova
Terra, che mi ricetti,
Mare, che mi sostenga,
Lido, che m’assicuri.
La patria mi deride,
Mi disprezza il nemico,
Ma forse a poco, a poco
Disprezzata favilla
Seme sarà d’inestinguibil foco.

Se un vapore sollevasi a volo,
Sembra gioco del sole cocente.
Ma cangiatosi in fulmine ardente
Vaste moli precipita al suolo.

Benché sembri quest’alma negletta,
Gioco vil del nemico valore,
Forse accesa da un lampo d’honore
Saprà un giorno cangiarsi in saetta.

Silla, nemici udite
Ogni vostro trionfo
A mia vergogna ascrivo.
E quanto penso a vendicarmi, io vivo.

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Segnatura

D-MÜs - Münster - Santini-Bibliothek (in D-MUp)
collocazione Sant.Hs.863.13

Scheda a cura di Berthold Over
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