Tipo record
Tipo documento
Data
Titolo
Presentazione
Legami a persone
Fa parte di
Redazione
Descrizione fisica
Filigrana
Note
Fa parte di un manoscritto che contiene cantate copiate entro il 1689 e il 1692. Exlibris: "Ex bibliotheca Dr. Fr. Chrysander"
Titolo uniforme
Organico
Bibliografia
Descrizione analitica
Ben mio, quel verme alato
È una legge troppo dura
È una cifra troppo fiera
La machina dei raggi
Pria di cedere
Come nata farfalla infelice
Ma fu colpa il fuggire
Se il mio core havesse l'ali
Le mie cener co' i venti
Sei lume, è vero, ò bella
Sembrano le farfalle
Sembrano quei volanti
Dunque, se tu del sole
Trascrizione del testo poetico
Ben mio, quel verme alato,
Che intorno à poco lume,
Quando sorge la notte,
Con mille incauti giri arde le piume,
Quel di, che innamorato
Nei vaghi lumi tuoi cerco l’ardore,
Diede invidia al mio core.
Io con l’alma sul labro
Il cielo, Amor, la sorte mia crudele
Sfidai con le querele,
Ma non rispose intanto
Agli accenti infelici
Come un eco del duolo altro che il pianto.
È una legge troppo dura
Di quel dio, che vola inerme,
Un amante, ch’è costante,
Condannare alla sventura
D’invidiare un picciol verme.
È una cifra troppo fiera
Di sua barbara saetta
Far esempio dello scempio
Una luce della sera
E una cieca farfalletta.
La machina dei raggi
Deposta non havea
Il Prencipe degl’Astri al margo ondoso,
Quando il vol generoso
Spiegò l’augello al suo bel volto intorno,
E non seppe morir presso al tuo lume,
Se prende per costume
L’essequie della notte e non del giorno.
Tornar si vidde errando
Per cento volte e cento,
Indi per far palese
Il pennuto contento
Venne di nuovo e ti volò nel seno,
Poi fuggì, ma convinto
Dalla forza del foco
Trofeo de tuoi begli occhi ei cadde estinto.
Pria di cedere al dardo, che scocchi,
Ti segnò mille baci nel seno.
Per potersi vantare, ch’almeno
Vendicava l’ingiuria degli occhi.
Come nata farfalla infelice
Già sapea di morir nell’ardore;
E provò, se del seno all’albore
Poi cangiar si poteva in fenice.
Ma fu colpa il fuggire,
Mentre poteva il tenero volante,
Quando ti venne in seno,
Con più gloria morire,
Perchè è sommo ristoro
Un feretro di latte à un colpo d’oro.
Se il mio core havesse l’ali
Per volarti sempre intorno,
Tutto core esser vorrei.
E se un colpo de tuoi strali
Mi privasse poi del giorno,
Nel tuo seno io morirei.
Le mie ceneri co’ i venti
Sotto l’arco del tuo ciglio
Forse un di scherzar vedrai.
E diran con muti accenti,
Che il mio fulgido periglio
Nacque sol da tuoi bei rai.
Sei lume, è vero, ò bella,
Ma quell’ardor vivace,
Che ad ogn’alma dispensi,
Figlio al certo non è di poca face.
Sei quel lume famoso,
Tesoriero del mondo
E perciò la farfalla,
Che per error s’accese,
Poi mori di dolor, perche t’offese.
Sembrano le farfalle
Un tremulo Fetonte à i rai del sole;
E in mezzo oscura valle
Non è per ogni fronte accesa mole.
Sembrano quei volanti
Lucide fantasie d’ardito/d’acceso core;
Ma poscia in brevi istanti
Pagano le follie del proprio amore.
Dunque, se tu del sole
Sei l’imago verace,
Non d’atomo terren mobili aborti,
Ma di lume immortal figlie celesti
Fisse nel tuo bel viso
Aquile e non farfalle haver dovresti.
Paese
Lingua
Segnatura
collocazione M A/252.2
Scheda a cura di Berthold Over